La crisi libica non può preoccupare la Sicilia: quel gas non è determinante - QdS

La crisi libica non può preoccupare la Sicilia: quel gas non è determinante

Rosario Battiato

La crisi libica non può preoccupare la Sicilia: quel gas non è determinante

mercoledì 27 Agosto 2014

Il Rapporto energia della Regione aveva analizzato la situazione già ai tempi della guerra civile post Gheddafi. I volumi che l’Italia ritira dall’Algeria e dalla Russia potrebbero coprire l’eventuale ammanco

PALERMO – L’instabilità della fascia nordafricana, così come accaduto durante la primavera araba, non fa bene all’economia italiana e siciliana in particolare. La Libia, uno dei teatri di guerra più complessi del momento, dove si fronteggiano, notizia di ieri, due assemblee parlamentari e due premier ad interim, è anche sede del gasdotto greenstream dell’Eni che tramite la Sicilia attraversa l’intera Italia.
Non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima. Già lo scorso anno il terminal di Mellitah, da cui muove il gas libico che attraverso greenstream giunge in Italia via Gela, era stato chiuso dall’Eni per motivi legati alla guerriglia. A distanza di oltre un anno è ancora la Libia a far preoccupare i consumi energetici dell’Italia, considerando che nel 2012 ha contribuito per il 3,3% al totale del gas nazionale importato attraverso il greenstream, il più lungo gasdotto sottomarino mai realizzato nel Mediterraneo. L’Eni è operatore al 50% col partner National Oil Corporation (Noc), la società petrolifera di stato libica, per lo sviluppo del giacimento Bahr Essalam, a 110 chilometri dalla costa libica, e il Wafa, situato nel deserto libico vicino al confine con l’Algeria.
 Il progetto Greenstream (Libyan Gas Transmission System – LGTS) fa parte del Western Libyan Gas Project e include la Stazione di Compressione di Mellitah, sulla costa libica, il gasdotto sottomarino e il Terminale di Ricevimento a Gela, in Sicilia.
 
Tuttavia, considerando l’apporto del gas libico, che non è pari, ad esempio, alla porzione algerina che negli anni passati superava il 30% e che adesso si è comunque assottigliata, i tecnici del dipartimento Energia della Regione non sembrano preoccupati. La riflessione era stata necessaria già nel periodo della guerra civile, ma si ripresenta oggi più attuale che mai. “I volumi di gas che l’Eni deve ritirare per l’Italia da Russia e Algeria in base alle clausole take or pay (volumi che si sono rivelati eccessivi), – si legge sul rapporto Energia della Regione – possono coprire la mancata produzione libica”. In altri termini se dovesse venir meno l’apporto del gasdotto Greenstream che ci porta il gas libico, “l’Italia non rischia affatto di rimanere al freddo o senza luce”. Il problema, semmai, sarebbe un altro. L’Eni ha puntato molto sulla produzione del petrolio libico che rivende nei mercati internazionali.
 

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