Non assumere precari senza concorso - QdS

Non assumere precari senza concorso

Carlo Alberto Tregua

Non assumere precari senza concorso

martedì 16 Settembre 2014

Devono dimostrare di saper fare

Nel Meridione, negli ultimi trent’anni, le assunzioni negli Enti pubblici sono state considerate un modo clientelare per acquisire voti. Voti non destinati a scegliere un ceto politico di prim’ordine, ma quello che faceva promesse tendenti alla soddisfazione dei bisogni individuali. Un comportamento di bassa politica che ha privilegiato l’interesse personale rispetto a quello generale.
Ora, gli Enti pubblici meridionali sono gonfi di personale e non sanno come fare per diminuirlo, dal momento che le effettive esigenze dei servizi, secondo i sani principi di efficienza e organizzazione, dimostrano un enorme esubero di dipendenti.
Sentiamo alcuni politicanti che continuano sulla solfa secondo cui non si possono mettere sulla strada decine di migliaia di persone, solo per il fatto che, assunti per raccomandazione, hanno dimorato negli Enti locali per anni o per decenni.
Ma tutti costoro non hanno mai dimostrato di saper fare e di avere le conoscenze per svolgere il servizio cui erano preposti.

Non assumere precari senza concorso, questo dice l’art. 97 della Costituzione, norma che è stata sistematicamente violata da irresponsabili delle istituzioni.
Certo, i concorsi non sono esaustivi al fine di determinare la competenza e la professionalità dei candidati, ma selezionano meglio rispetto a una chiamata diretta per raccomandazione.
Molti politicanti continuano a preoccuparsi di questi precari-privilegiati, perché fanno casino, mentre dimenticano completamente i milioni di disoccupati nel Meridione che non hanno avuto la fortuna di essere stati raccomandati.
Vi è una sproporzione enorme fra non raccomandati e raccomandati. Etica ed alta politica vorrebbero che si venisse incontro prima ai disoccupati e poi ai precari-privilegiati. Occorre metterli sullo stesso piano, attraverso i concorsi, e inserirli nella Pa solo quando strettamente necessario.
Altra questione che solleviamo da decenni è che i compensi a dirigenti e dipendenti pubblici debbono essere sempre commisurati agli obiettivi loro assegnati. Solo dopo avere confrontato risultati e obiettivi dovrebbero essere erogati gli stipendi.

 
Per ottenere questo risultato sarebbe necessario suddividere gli stipendi al di sopra di una certa soglia (per esempio 1.500 euro al mese) in una parte fissa e un’altra variabile, quest’ultima collegata esclusivamente ai risultati conseguiti, come prima si accennava.
In ogni caso, vi sono leggi (tra cui il Dlgs 165/2001 e la 133/2008) che vietano tassativamente il rinnovo dei contratti a tutti i dipendenti pubblici che abbiano un contratto a tempo determinato. Non si vede come tali leggi possano essere violate dal presidente della Regione e dai sindaci siciliani.
Altro vincolo è quello della Legge di stabilità, che vieta di avere più personale di quello necessario. Ci auguriamo che le norme sulla Pubblica amministrazione impongano a Regioni e Comuni di mantenere i dipendenti strettamente necessari alla produzione di servizi di qualità e determinati, per numero e professionalità, da un Piano aziendale.

Altra questione che va evidenziata è il surplus di stipendi che prendono dirigenti e dipendenti regionali rispetto a quello di colleghi di altre regioni: un privilegio inaudito che deve cessare immediatamente, applicando il Contratto nazionale dei dipendenti regionali.
Nessuno obietti che i privilegi acquisiti sono diritti acquisiti. No! Nessun privilegio acquisito può essere denominato diritto. Si tratta solo di una prevaricazione di alcuni cittadini rispetto ad altri.
Nella Pa c’è grasso che cola, dice il giovane Primo ministro. Tagliare questo grasso non significa tagliare i servizi. Anzi, dando loro efficienza e produttività, si potrà migliorarli e renderli più utili ai cittadini.
Chi non vuole tagliare gli sprechi argomentando in diverso modo? I parassiti, chi non possiede professionalità, chi non sarebbe capace di stare sul mercato per creare lavoro produttivo.
Dunque, tutti coloro che non servono alla Pa devono essere messi fuori senza giri di parole, mescolarsi con i disoccupati e, se vogliono, partecipare ai concorsi quando saranno banditi.
Sembra noioso ripetere questi argomenti, ma noi non ci stancheremo di farlo fino a quando i politici finti muti, sordi e ciechi, non diventeranno persone civili.

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