Cessione dei crediti delle imprese alle banche - QdS

Cessione dei crediti delle imprese alle banche

Dario Raffaele

Cessione dei crediti delle imprese alle banche

sabato 10 Ottobre 2009

Ritardi nei pagamenti delle Pa: la soluzione è nell’art. 14 della L.r. 6/2009. Interessi di mora dell’8% dopo un ritardo di 30 giorni. Vantaggi per entrambe le parti: liquidità per le aziende e un guadagno extra per gli istituti di credito

CATANIA – Le banche possono assumere un ruolo decisivo nel far pendere l’ago della bilancia a favore delle imprese  nella contesa con la pubblica amministrazione  per riscuotere i crediti avanzati. Il debito della Pa verso le imprese, in Italia è stato stimato dal presidente degli industriali Emma Marcegaglia, in circa 60 miliardi di euro. Considerato che in proporzione, il dato siciliano è il 10% di quello nazionale e che il suo Pil è del 5,5%, i debiti accumulati da tutta la Pa in Sicilia dovrebbero ammontare a circa 4 miliardi di euro. La sola Confindustria ne ha “certificati” 1,6 per i propri associati.
Le Pa siciliane si sono dimostrate le più cattive pagatrici d’Italia: sono infatti in cima alla classifica stilata da Confindustria nazionale tra le regioni con i ritardi superiori ai 30 giorni. Ci vogliono da 400 a 800 giorni perché un’impresa possa vedersi riconosciuto quanto dovuto dalla Pa. Questi ritardi stanno letteralmente affossando le imprese, costrette a loro volta ad indebitarsi con le banche per continuare la propria attività.
Ma il legislatore è venuto incontro ai titolari di imprese con l’art. 14 della Finanziaria regionale, legge n. 6 del 14 maggio 2009, pubblicata sulla Gurs n. 22 del 20 maggio.
L’articolo in questione, vuole essere la soluzione del problema ed ha per titolo “Cessioni di crediti vantati nei confronti di enti pubblici territoriali”. Essa prevede innanzitutto la certificazione dei crediti delle imprese.
“Al fine di contenere i ritardi nei pagamenti dei debiti degli enti pubblici, territoriali e non, loro società e consorzi derivanti da contratti di somministrazione, forniture ed appalti, – recita il comma 1 – gli stessi certificano, entro venti giorni dalla ricezione della relativa richiesta da parte del creditore, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile. Il rifiuto del rilascio della certificazione deve essere entro 30 giorni adeguatamente motivato”. “La certificazione – si legge nel secondo comma – può essere utilizzata da parte dei creditori al fine di perfezionare con banche o intermediari finanziari abilitati dalla vigente legislazione operazioni di cessione del credito pro-soluto (ovvero a titolo definitivo, ndr). L’eventuale cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto. Qualora l’esigibilità dei crediti certificati sia subordinata secondo quanto previsto dal contratto, al verificarsi di una determinata scadenza temporale connessa alla modalità di perfezionamento della somministrazione, della fornitura o di esecuzione dell’appalto, la cessione è immediatamente efficace e l’esigibilità del credito resta condizionata al maturare della scadenza prevista”.
Con la cessione del credito alle banche, entrambe le parti traggono importanti benefici: le imprese acquisiscono da subito la liquidità delle somme spettanti, le banche invece, potendo contare sulla riscossione degli interessi di mora (dell’8%) hanno la garanzia di un guadagno extra.
A passare praticamente inosservata è infatti la Circolare del 14 gennaio 2003, la numero 1, che disciplina per l’appunto la materia dei “Ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 19 del 24 gennaio 2003 su input del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La normativa parla chiaro: il pagamento delle Pa nei confronti delle imprese appaltatrici deve essere effettuato entro 30 giorni dalla data della fattura, se non pattuito diversamente nel contratto. In caso di ritardo da tale data scattano automaticamente gli interessi di mora dell’8 per cento (interesse legale dell’1% – fino al 31 dicembre 2009 – maggiorato di 7 punti), ai sensi dell’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, numero 231 (decreto Tremonti). Nei fatti però, questo non accade quasi mai, scatta invece un altro meccanismo perverso, quello della paura. Significa che le ditte hanno paura di essere penalizzate nei contratti futuri, e allora preferiscono stare zitte e continuare a soffrire.
 

 
Ma l’art. 14 della Finanziaria, ad oggi è rimasto ancora sulla carta e, se l’assessorato al Bilancio sta muovendo i primi passi per darne attuazione, molte banche sembrano sorde di fronte alla possibilità di acquistare i crediti pro soluto. Mentre l’assessore regionale al Bilancio Di Mauro, dice di “aver riscontrato un’ampia disponibilità delle banche a discutere dei problemi applicativi della norma”, gli Istituti di credito in taluni casi si sono dimostrati sordi a recepire la legge.
A primo impatto l’impressione che si ha è che le banche non vedano di buon occhio questa possibilità di prendersi carico del credito delle imprese verso le pubbliche amministrazioni. Dei nove istituti di credito contattati soltanto in tre hanno mostrato disponibilità ad effettuare questo tipo di servizio anche se, in realtà, la sola Banca Popolare del Mezzogiorno dice di aver espletato operazioni di questo tipo ammettendo anche le notevoli difficoltà. Per il resto le altre due banche disponibili, Monte dei Paschi di Siena e Banca agricola Popolare di Ragusa, non hanno mai effettuato servizi simili in Sicilia.
Sempre dalla nostra indagine risulta che nessuno degli istituti di credito interpellati ha mai pubblicizzato questa opportunità per le imprese, segno evidente che c’è poca voglia di applicare l’articolo 14 della legge 6 del 2009.

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