Il terrorismo sulle rotte dell'energia siciliana - QdS

Il terrorismo sulle rotte dell’energia siciliana

Rosario Battiato

Il terrorismo sulle rotte dell’energia siciliana

venerdì 19 Settembre 2014

L’allarme del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, il peso e la posizione dell’Isola tra sbarchi e petroliere. Italia obiettivo non secondario per gli jihadisti. Nel mirino anche i traffici nel mar Mediterraneo

PALERMO – Gli equilibri internazionali, ormai sempre più ‘pesati’ dalle rotte dell’energia, toccano da vicino anche la Sicilia che si trova stretta tra il rischio terrorismo, che potrebbe coinvolgere gli sbarchi dei migranti e le petroliere, e l’instabilità dei vicini nordafricani da cui importiamo il prezioso gas nazionale. Il risultato è molto incerto, anche se ancora non esistono minacce documentate, ma da queste parti serve sicurezza perché c’è tutto da perdere.
La scorsa settimana Angelino Alfano, ministro dell’Interno, ha riferito alla Camera sulla minaccia derivata dall’Is, lo stato islamico dell’Iraq e della Siria, un’entità non riconosciuta dalla comunità internazionale eppure tanto minacciosa da aver allertato le principali potenze occidentali, e non solo, che appoggiano Barack Obama. Il presidente a stelle e strisce, proprio in queste ore, sta preparando, assieme ai suoi generali, una escalation per definire un’offensiva sul territorio del califfato.
 
Il problema è che la minaccia non è territorialmente affidabile, nel senso che, oltre alle aree conquistate tra Siria e Iraq, il gruppo jihadista continua a espandersi anche in altri paesi, potendo contare su di un sostegno crescente – il quadro completo lo ha fatto Gigi Riva in un pezzo pubblicato sulla versione online de L’espresso qualche giorno fa – anche in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e in realtà più distanti dalle rotte isolane come Afghanistan, Pakistan e India. Si tratta di gruppi jihadisti, vicine alle cellule di al-Qaeda nel Maghreb in alcuni casi, che potrebbero destare preoccupazioni anche dalle nostre parti. E come? Per Alfano l’obiettivo è certamente l’Occidente e, a parte Roma che è il simbolo della cristianità, bisogna mantenere alti i controlli che riguardano gli sbarchi incontrollati sulle coste siciliane. Non ci sono segnalazioni da parte dell’intelligence ma flussi di uomini disperati e in cerca di speranza potrebbero agevolare inconsapevolmente la presenza di infiltrati. E non solo.
 
Nei giorni scorsi Chiara Giannini ha scritto su Libero quotidiano che la Tunisia avrebbe avvisato l’Italia circa i rischi derivati da jihadisti tunisini a bordo delle imbarcazioni provenienti dalla Siria che sarebbero pronti ad attacchi nel Mediterraneo. Un’allerta recepita dalle autorità italiane, anche se ha ammesso Alfano non ci sono prove investigative di progetti terroristici, dopo che nei giorni scorsi al porto di Trieste sono scattati controlli su petroliere e cargo in arrivo al porto.
Un mare in tempesta che attornia l’Isola. Da queste parti, infatti, passano petroliere e gasdotti di rilevanza nazionale. Le importazioni siciliane di petrolio rappresentano il 26% degli arrivi nei porti italiani (dati Rapporto dell’Energia della Regione). I dati del Rapporto fanno riferimento a “una forte movimentazione in entrata e in uscita di prodotti petroliferi nei porti siciliani e in particolare di petrolio greggio in entrata nei porti in prossimità delle raffinerie (35.394.833 tonnellate) ed in uscita prodotti raffinati (23.512.765 tonnellate)”. 
 
Ma non ci fermiamo. Dalla Libia e dall’Algeria, e conosciamo la difficile transizione del primo di questi due paesi, attraverso i due punti di ingresso di Gela e Mazara del Vallo, importiamo rispettivamente (dati 2012) circa il 3,3 % ed il 30,3 % del totale nazionale, per complessivi 27.102 milioni di Smc. Di questa porzione l’84,4% è destinata al mercato nazionale. In ballo ci sono affari milionari e la sicurezza non solo energetica di questa terra.

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