Un'altra estate trascorsa senza casinò - QdS

Un’altra estate trascorsa senza casinò

Rosario Battiato

Un’altra estate trascorsa senza casinò

mercoledì 01 Ottobre 2014

Lo scorso aprile le promesse di Alfano dalla convention di Messina. Ad oggi ancora nessun segnale concreto. Le città siciliane in testa alla classifica per differenze percentuali tra nero e registrato nelle slot machine

PALERMO – Negli ultimi dieci anni anni ci sono stati almeno tre tentativi parlamentari per l’apertura di una casa da gioco nel comune di Taormina. Nel 2001 ci aveva provato Pino Firrarello con un ddl, nel 2008 fu la volta di un gruppo di deputati del Movimento per le autonomie, e quindi l’ultimo tentativo risale alla proposta di legge d’iniziativa dell’Assemblea regionale siciliana presentata il 26 febbraio di quest’anno.
 
Le solite rassicurazioni non bastano più – in occasione della convention messinese del Nuovo Centrodestra dello scorso marzo era stato Alfano ad aprire un varco ministeriale sull’eventualità dell’apertura (leggi "Casinò in Sicilia, la promessa del ministro") – perché intanto è passata ancora un’altra estate e i dati che certificano le illegalità del gioco d’azzardo sono sempre in ascesa. E la Sicilia continua a perderci tantissimi soldi.
In Italia il gioco d’azzardo è una delle offerte commerciali più diffuse. Nel rapporto della Consulta nazionale antiusura dello scorso giugno “Il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla società italiana” sono registrati ben 161.252 differenti “sportelli” – dei quali 7.346 costituenti strutture specializzate e dedicate – con i quali milioni di cittadini entrano in contatto quotidianamente. Un mercato oligopolistico che, in alcuni casi, approfitta dello stato patologico del cliente, e quindi quella compulsività che tutti i clinici descrivono nelle persone dipendenti da sostanze, offrendo al contempo gli aspetti più adatti per la proliferazione del business criminale in correlazione con il business legalizzato.
“Tale mercato oligopolistico – si legge nel rapporto – trova nell’impossibilità, sia fattuale e sia anche formale, dei pubblici poteri a esercitare il controllo amministrativo, di sicurezza e giudiziario per la regolarità (anche solo verso il dettato delle concessioni), un poderoso incentivo a estendere il business delinquenziale nelle varie località del Paese”.
Stando ai dati dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in Sicilia ci sono 13.391 punti di accesso, quinto dato nazionale, e 672 strutture dedicate, con 27,78 punti di accesso ogni 10mila abitanti e 1,34 struttura dedicata ogni mille abitanti. In entrambi i casi si tratta di dati superiori alla media nazionale.
A Palermo il gioco d’azzardo vale il 6,72% del pil della provincia (dati 2012), a Trapani il 5,88% e a Messina il 5,54%. Intorno al 5% si trovano Catania e Agrigento. Messina è inoltre la prima città isolana, diciassettesima in Italia, per spesa pro capite di lotto e superenalotto (179 euro). In compenso tutte le siciliane si trovano agli ultimi posti della classifica per la spesa pro capite di NewSlot e Vlt.
“Poiché da numerose indagini avviate dalla polizia giudiziaria in diverse province italiane sono emersi dei casi di manomissione dei sistemi di registrazione, e trasmissione all’ente di controllo dei dati, delle somme effettivamente consumate agli apparecchi automatici, la prima ipotesi di correlazione che è stata verificata è se tra la minore ‘propensione al gioco’ con Slot e l’indice territoriale di presenza mafiosa possa risultare una correlazione”. E in effetti “la quantità di denaro che nell’anno 2012 è transitato negli apparecchi automatici (Newslot e VLT) differirebbe per oltre il 20 per cento del dato lordo da quella registrata”.
La dimensione nazionale del nero, ottenuta dai dati della consulta nazionale antiusura, riporta una stima di circa 8,6 miliardi. E qui la classifica si ribalta. Le differenze percentuali tra registrato e nero nelle slot machine delle province sono decisamente più elevate in Sicilia con Palermo (83,38%), oltre 320 milioni di euro di differenza tra registrato e nero, Catania (58,94%), 177 milioni di euro, e poi Agrigento (54,53%), Trapani (51,30%) e Messina (47,76%), tra le prime quindici province d’Italia. 
Numeri che servono per stracciare la maschera ipocrita di uno Stato che in passato ha avanzato le giustificazioni più insignificanti e moraleggianti per ritardare l’apertura di un casinò a Taormina e/o a Palermo – criminalità e crescita del gioco d’azzardo – bloccando un giro d’affari perfettamente legale e controllabile.

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