Danni dall’inefficienza più che dalla malavita - QdS

Danni dall’inefficienza più che dalla malavita

Carlo Alberto Tregua

Danni dall’inefficienza più che dalla malavita

mercoledì 14 Ottobre 2009

357 mila siciliani nel settore pubblico

Ormai risulta in modo chiarissimo che la Sicilia è stata danneggiata, in questi sessant’anni, dall’inefficienza e dalla malavita organizzata. Ma quale dei due fattori è stato preponderante? Dalle inchieste che andiamo facendo tutti i giorni da anni, risulta che fa più danni l’inefficienza che la malavita organizzata. L’elemento principale che supporta questa valutazione è la misura del Pil, cioè la ricchezza prodotta in Sicilia, che è inchiodato a poco più del 5 per cento sulla ricchezza nazionale, da oltre quarant’anni.
È vero che la malavita organizzata con i suoi tentacoli impedisce il libero mercato e la concorrenza, ma è anche vero che le forze dell’ordine e la magistratura hanno inferto colpi pesanti alla stessa, anche se la Piovra ha cambiato vestito e oggi agisce sempre di più in guanti bianchi attraverso il ceto professionale e imprenditoriale.

Mentre nessun colpo efficace è stato inferto all’inefficienza del sistema politico regionale e locale e della burocrazia che ha tentacoli molto più pericolosi di quelli della malavita organizzata. Questi tentacoli sono pericolosi perché non si vedono, anche se siciliani e imprese constatano, dai deludenti risultati, l’incapacità di fare funzionare la macchina pubblica.
È molto più difficile combattere l’inefficienza che la malavita organizzata. Tuttavia si può e si deve fare, anche perché gli sprechi non sono coperti dalle risorse pubbliche, che si riducono ogni giorno sempre di più. La responsabilità dell’inefficienza delle istituzioni, regionale e locali, è sicuramente da addebitarsi al ceto politico che ha il dovere di dare l’indirizzo inequivocabile, cui poi la burocrazia si deve strettamente attenere.
Ma anche una grossa responsabilità è da addebitare ai dirigenti generali della Regione e degli Enti locali, perché essi non possono dare dieci a tutti i dipendenti per assicurare loro i premi di risultato, senza distinguere quelli bravi dai fannulloni.

 
Ribadiamo fino alla nausea che questo accade perché non vi sono i due valori fondamentali di qualunque organizzazione e cioè il merito e la responsabilità. Nell’inchiesta che trovate in questo numero è determinato l’universo dei siciliani che vivono di stipendi pubblici pagati da Stato, Regione ed Enti locali. Una quantità impressionante di dipendenti se paragonata a quella del settore privato, imprenditoriale e professionale. Questa fotografia spiega perché l’economia dell’Isola non cresce, mentre lo sviluppo è conseguente ad attività produttive e non a servizi pubblici inefficienti.
Dunque, il Governo della Regione, ponendosi come obiettivo primario al di sopra di tutti la crescita del Pil, per portarlo entro la fine di questa legislatura alla media nazionale di circa l’8 per cento, per centoventi miliardi, deve favorire l’occupazione del blocco dei disoccupati e lo scarico di dipendenti pubblici per spingerlo.
Tutto questo non può avvenire se continua a spendere 2,5 miliardi per stipendi e pensioni oltre a cifre enormi per mantenere l’esercito di persone che gravita attorno alla Regione (forestali, formatori, dipendenti di partecipate e così via), mentre destina irrisorie risorse per investimenti strutturali, fra cui la sistemazione idrogeologica del territorio e quasi niente per lo sviluppo delle imprese.
 
Il Creatore ha voluto collocare la Sicilia al centro del Mediterraneo. Essa è equidistante dal bacino Est, da quello Ovest e da quello africano del Mare Nostrum. Se i governanti in questi sessant’anni avessero avuto la capacità di Jordi Pujol, il fondatore della Catalogna, la nostra Isola sarebbe oggi la più ricca d’Italia e una delle più ricche d’Europa, altro che produrre il solo misero 5 per cento del Pil nazionale!
Come è possibile che dall’epoca federiciana non hanno capito questa condizione ideale? Ma, per venire ai nostri tempi, come è possibile che un ceto politico imprenditoriale e professionale non si sia reso conto che progettando il futuro sulla posizione centrale della Sicilia, rispetto a oltre dieci nazioni, avrebbe fatto crescere la ricchezza e lo sviluppo di tutti, eliminando il bisogno e quindi lo scambio vile col voto? Risposta e responsabilità sotto sotto gli occhi di tutti.

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