Il fenomeno delle poste private tra concorrenza e autorizzazioni - QdS

Il fenomeno delle poste private tra concorrenza e autorizzazioni

Alberto Molino

Il fenomeno delle poste private tra concorrenza e autorizzazioni

giovedì 30 Ottobre 2014

Dal 2011 il servizio di recapito postale può essere svolto anche dai privati: oggi sono circa 1.000 in Sicilia. Risparmi per la spedizioni di raccomandate, per i pacchi bisogna valutare

CATANIA – La bolletta non è arrivata? Potrebbe non essere più colpa di Poste Italiane. Da anni, infatti, non è soltanto l’azienda di Stato a svolgere il servizio di recapito postale. Con il D.L. n. 58 del 2011 l’Italia ha abbracciato il processo di liberalizzazione del settore postale, avviato con la direttiva europea 97/67/CE relativa alle “regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio”. Dal 1997 ad oggi, dopo le direttive 2002/39/CE e 2008/6/CE, si è verificata la progressiva apertura di sportelli postali privati, sebbene la fornitura del “servizio universale”, cioè l’insieme dei servizi di base di pubblica utilità, sia stata affidata, in un’ottica di vantaggio competitivo, per altri 15 anni, con verifica quinquennale, a Poste Italiane S.p.A.
La liberalizzazione del settore, entrata in vigore a partire dall’1 gennaio 2011, ha prodotto uno squilibrio finanziario causato dalla spinta concorrenziale, malgrado, dal Ministero dello Sviluppo Economico fossero stati fissati i limiti sui prezzi per le operazioni rientranti nel servizio universale: raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di raccomandate e invii postali fino a 2 kg, pubblicità diretta per corrispondenza oltre i 10.000 pezzi, pacchi postali fino a 20 kg e notificazione di atti giudiziari.
Per i servizi appena elencati, è prevista un’autorizzazione di facile rilascio dal Ministero sopracitato, mentre per le operazioni a carattere finanziario è obbligatoria l’iscrizione all’Albo degli istituti di pagamento. L’apertura d’una qualsiasi agenzia in franchising, inoltre, richiede una somma iniziale compresa tra 9mila e 15mila euro; cifra che, al momento dell’esplosione del fenomeno, era in grado di garantire, il più delle volte e con gli opportuni accorgimenti, un fatturato di 100mila euro all’anno.
Tra le prestazioni offerte dalle poste private, ma autorizzate dal Ministero e non rientranti nel servizio universale, vanno citate: la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali oltre i 2 kg e pacchi oltre i 20; i servizi a valore aggiunto, ad esempio corriere espresso, consegna nelle mani del destinatario, garanzia di recapito ad una determinata ora, ritiro a domicilio, conferma dell’avvenuta consegna, possibilità di cambio di indirizzo e tracciamento elettronico; il recapito della posta elettronica a data o ad ora certa; l’intermediazione per la posta massiva nel rispetto delle condizioni economiche previste dal D.M. 12 maggio 2006 e disciplinata dalla circolare DGRSP 31 luglio dello stesso anno; lo scambio di documenti.
In Sicilia, sfogliando le Pagine Gialle, è possibile rintracciare più di mille uffici postali privati, seppure 72 di questi, proprio lo scorso mese, siano stati protagonisti di una maxi truffa. Secondo l’accusa, negli sportelli incriminati si poteva utilizzare il servizio di pagamento dei bollettini, senza che le aziende avessero ottenuto l’autorizzazione dalla Banca d’Italia. Le agenzie sono state sequestrate e l’indagine è ancora in corso.
 

 
Ancora non sono garantiti standard minimi di qualità
 
Andrea Grillo, responsabile del regolamento internazionale di Poste Italiane, in una nota esplicativa connessa alla liberalizzazione del settore per spiegare il punto di vista dell’azienda, ha scritto: «Una piena apertura del mercato dovrebbe essere accompagnata da misure adeguate di finanziamento del servizio universale (in media 350 milioni ogni anno, ndr) e da norme che impongano le stesse regole a tutti i competitors, con particolare riferimento agli standard minimi di qualità. Le normative europee e nazionali non sembrano aver affrontato tali problematiche con la necessaria attenzione, limitandosi a definire esclusivamente la procedura per l’ottenimento dei provvedimenti autorizzativi, senza disciplinare in maniera dettagliata gli obblighi che tutti gli operatori (e non solo il fornitore del servizio universale) dovrebbero rispettare per assicurare alla clientela servizi efficienti. Appare, quindi, fondamentale che venga definito un sistema di  autorizzazioni/licenze che crei un “level playing field” tra tutti gli operatori. Sarebbe auspicabile, pertanto, che il Ministero renda effettivo, per gli operatori alternativi, l’obbligo di adottare e pubblicare una propria carta della qualità, in analogia con la “Carta della Qualità” pubblicata da Poste Italiane».

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