Pil e disoccupati giudicano Crocetta - QdS

Pil e disoccupati giudicano Crocetta

Carlo Alberto Tregua

Pil e disoccupati giudicano Crocetta

giovedì 30 Ottobre 2014

La festa è finita, andate in pace

Nel 2012 pubblicammo il ventesimo libro della collana dal titolo “La festa è finita, andate in pace”. Senza avere la sfera di cristallo, avevamo previsto quello che poi si è puntualmente verificato: il nodo scorsoio finanziario si è stretto sempre di più intorno al collo della Regione e del suo inutile presidente, asfissiando giorno dopo giorno l’economia, uccidendo piccole e micro imprese e facendo aumentare vorticosamente la disoccupazione, soprattutto quella giovanile.
Il presidente della Regione non ha fatto nulla perché questo disastro non si verificasse. Ha assistito inerte alla diminuzione del Pil e all’aumento dei disoccupati, balbettando tutele a favore di inutili siciliani che hanno preso per decenni indennità dalle tasse pubbliche che noi contribuenti abbiamo pagato con immensi sacrifici.
Un presidente della Regione degno di questo nome, quando si insedia, dovrebbe fare la fotografia dei due principali dati che indicano la salute o la malattia dell’economia regionale: Pil e occupazione.

Crocetta non l’ha fatto e non ha neanche, peggio, fissato l’obiettivo di farli crescere entrambi nel suo quinquennio, anno dopo anno. Con ciò ha dimostrato una pochezza e un’insufficienza da bocciatura che i fatti stanno dimostrando inequivocabilmente.
La gravissima responsabilità dello stato comatoso in cui ci troviamo, anche per non avere speso i circa dieci miliardi di fondi Ue e Fas, non è solo del povero Crocetta – che fa anche pena quando lo vediamo imbarazzato e insipiente di fronte alle telecamere, perché non capisce che più va in video e più si getta la zappa sui piedi – ma soprattutto della Classe dirigente muta e sorda.
L’opinione pubblica nazionale non sa, fra l’altro, che Crocetta è stato eletto da appena il 15% dei siciliani aventi diritto al voto.
Per fare aumentare Pil e occupazione le soluzioni sono chiarissime: le abbiamo elencate in queste pagine numerose volte: tagli di 3,2 miliardi alla spesa improduttiva, con l’indicazione dei capitoli ove tagliare; taglio di clientelismo e favoritismo diffuso; taglio degli sperperi negli acquisti di beni e servizi, soprattutto nella sanità; chiusura immediata di tutte le società partecipate.
 

Grillo ha capito il momento favorevole perché il suo movimento possa fare l’en plein alle prossime elezioni Regionali, che ormai – è quasi certo – si svolgeranno nella primavera del 2015, in occasione delle Amministrative.
I siciliani non ne possono più e, disperati, potrebbero aumentare i consensi al movimento Cinque Stelle, facendo lievitare il numero dei 14 consiglieri-deputati regionali verso l’alto. Ma questa non sarebbe una soluzione, perché i grilletti, capaci di protestare, non sono capaci di amministrare.
D’altro canto è arrivato l’assessore-commissario governativo all’Economia, Alessandro Baccei, con la missione di rimettere a posto i conti regionali per evitare il dissesto e lo scioglimento coatto dell’Assemblea regionale, ai sensi dell’art. 8 dello Statuto.
L’assessore-commissario non potrà che fare ciò che l’incapacità di Crocetta non ha fatto: mandare a casa forestali, formatori, Asu, Pip e altri, nonché chiudere con effetto immediato le partecipate regionali, tra cui spicca la Resais Spa, e risolvere i contratti con 400 inutili dirigenti.

L’assessore-commissario dovrà mettere in disponibilità, con l’80 per cento dello stipendio, diecimila inutili dipendenti regionali, mandare a casa i precari comunali e via elencando.
Si tratta di macelleria sociale? Ecco l’interrogativo inorridito che si leverà dalla bocca di alcuni lettori quando leggeranno questa nota. No, si tratta di giustizia sociale. Perché chi reclama diritti acquisiti in effetti vuole mantenere privilegi acquisiti.
Quelli che protestassero non potrebbero avere la coscienza tranquilla, dimenticando totalmente i quattrocentomila disoccupati, che sopravvivono malissimo, e le trecentosessantamila imprese che vanno avanti con immensa fatica.
Non è equo pensare ai privilegiati di questi ultimi decenni sol perché rumoreggiano in piazza, e dimenticare disoccupati e piccoli imprenditori che non hanno voce.
Qui, in Sicilia, o rimettiamo in moto tutta l’economia offrendo opportunità ai capaci e volenterosi (ve ne sono tantissimi), oppure andremo tutti nella strada dell’inferno, anche se costellata di buone intenzioni.

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