Moda made in Sicily, la filiera fa la differenza - QdS

Moda made in Sicily, la filiera fa la differenza

Antonio Privitera

Moda made in Sicily, la filiera fa la differenza

venerdì 31 Ottobre 2014

Il settore artigianale sarà il motore dell’Isola. Un’arte da preservare e innovare che diventerà possibilità d’occupazione. Aziende e giovani designers che hanno scelto di affrontare il mercato internazionale da “casa”

CATANIA – Secondo il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e del ministero del Lavoro, è in aumento l’occupazione all’interno delle imprese artigiane. Il sistema è nuovamente in fermento, diretto da nuove regole e soprattutto nuove esigenze. Anche la Sicilia ha le sue eccellenze in questo campo; aziende specializzatesi nel settore tessile. Sono industrie modelli di qualità, innovazione e occupazione. Nonché produttrici di prêt-à-porter per le più importanti maison di moda.
Un esempio è la San Lorenzo Srl., tra i leader del settore. Arroccata sui Nebrodi, a San Marco d’Alunzio, l’azienda vanta committenti come Louis Vuitton, Dior, Tom Ford, Ermenegildo Zegna, Fendi, Armani, Céline ed Etro. Il portavoce della famiglia che ha dato vita all’azienda, Filippo Miracula, spiega: “Siamo riusciti nel corso degli anni ad azzerare la distanza tra la nostra struttura e i grandi centri logistici della moda.
Inizialmente la lontananza ci sembrava un problema insormontabile, ma volevamo sostenere il territorio. Così oggi la nostra azienda riesce ad arginare il fenomeno dell’emigrazione dai piccoli centri, permettendo ai nostri dipendenti di lavorare in uno stabilimento con le finestre a vista mare”.
L’obbiettivo è rispondere alle esigenze di mercato, che chiede una produzione sempre più performante. Per questo s’investe in macchinari d’avanguardia che garantiscano qualità e celerità di creazione. “Sono le ragioni per cui le aziende nazionali, e soprattutto quelle francesi, si rivolgono alla San Lorenzo”, ribadisce Miracula. Infatti ben il 40% dei ricavi sono sul mercato esterno, posizionando il gruppo LVMH tra i migliori committenti.
Altra realtà eccellente è il C.i.d.a. Srl., azienda palermitana che progetta e realizza la collezione total look “La vie en rose”, oltre che divise di rappresentanza attraverso realtà artigianali esterne. “Ci avvaliamo della terziarizzazione, come fanno marchi e griffe nazionali. La differenza però è che noi abbiamo scelto di produrre in Italia”. È questo il modus operandi di Patrizia Di Dio, amministratore delegato dell’azienda. “Il nostro è un vero Made in Italy. Ci avvaliamo di una trentina di laboratori esterni, ciascuno specializzato in una tipologia di prodotto. Sono piccole realtà artigianali che vantano una grande maestria, sia nella confezione che nella realizzazione della maglieria tricot”.
Qui l’innovazione si direziona allo studio delle tendenze e sul testare nuove possibilità materiche. “Lavoriamo per realizzare capi sempre attuali, dai tessuti sicuri, prodotti secondo le norme di garanzia per il consumatore e facendo attenzione all’impatto ambientale” conferma Patrizia Di Dio.
Per il C.i.d.a Sr. le vendite extranazionali sono circa il 15% e in Europa riguardano principalmente Spagna, Irlanda e Belgio. Poi, nel resto del mondo, i migliori committenti sono Giappone, Russia, Libano e Canada.
“Il nostro prodotto non appartiene al mercato del lusso inteso come costoso. Il nostro punto di forza è la realizzazione di capi di qualità che attenzionino la manifattura. Le difficoltà che incontriamo oggi sono legate essenzialmente alla crisi; al calo dei consumi e alla concorrenzialità dei Paesi low cost. Purtroppo devo ammettere che operando nel comparto della moda in Sicilia, in cui esistono poche filiere come la nostra, non riscontriamo vantaggi ad operare qui; solamente difficoltà”.



Giovani creativi esportatori del know-how
 
La nuova generazione di designers siciliani ha orgogliosamente ripreso a produrre in terra natia. Aumentano coloro i quali scelgono di fronteggiare il mercato della moda, sul piano internazionale, affidandosi alle sapienti mani del made in Sicily. Vincent Billeci, giovane creativo palermitano, è uno di loro. Il designer, ha stabilito nella capitale sicula il suo epicentro di lavoro. Ispirato dalle rive di Mondello, dal Liberty che permea la città o dai temi religiosi legati agli ex-voto, si districa tra aziende locali per il prêt-à-porter e gli argentieri della Vuccirìa per la produzione di decorazioni metalliche delle sue pochette. Anche lo stilista Sergio Daricello è localizzato a Palermo. Produce gli abayas della sua collezione grazie a sarte private, detentrici della tradizione tessile arabo-sicula. Un’altro piccolo brand, home-made, in netta ascesa, è quello di Mario Caruana. La sua capsule di maglieria in lana merinos viene lavorata con telai manuali nella provincia di Trapani. Tutto viene assemblato a mano, senza stirature o lavaggi industriali. Infine, tra gli esordienti di maggior successo c’è Daniele Carlotta. Le sue collezioni vengono ancora generate a Modica, suo paese d’ origine. Lì vengono prodotti ricami con fili di seta per i pezzi unici indossati da pop-icons come Lady Gaga e Lana Del Rey. Per Daniele resta fondamentale il suo vissuto siciliano, ispirazione trasversale di ogni collezione.
 

 
Patrizio Bertelli, amministratore delegato Prada, racconta il suo modello aziendale
 
MILANO – “La macchina aiuta l’uomo, ma non può sostituirlo. Il mezzo industriale aumenta la qualità e la precisione delle lavorazioni, ma deve lavorare di pari passo con la mano umana”. Così esordisce Patrizio Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada, raccontando la realtà imprenditoriale che co-dirige assieme alla moglie Miuccia.
Il prossimo futuro pare porterà Prada verso un nuovo umanesimo, insistendo sull’alta formazione artigianale e il raffinato studio industriale. “Il Gruppo Prada da sempre investe in ricerca e innovazione; in tutti i campi. Soprattutto sperimentando sulle materie prime. Abbiamo infatti trattato fibre sintetiche come il nylon con tecniche sofisticate; le stesse che si utilizzano, ad esempio, per la seta. Così è nato il famoso tessuto vela. Discorso analogo per i pellami; il saffiano è diventato un’icona del marchio Prada per borse e accessori”. Le attenzioni non vengono mai direzionate al solo design o allo stile, ma riguardano i diversi campi del ciclo produttivo; dalle materie prime alla manifattura. “Prada è stata all’avanguardia in questo, introducendo nel settore moda un sistema di business che integra al proprio interno tutta la filiera. Questo ci permette di ottenere qualità senza compromessi, oltre che velocità di produzione e un conseguente riassortimento delle proposte in negozio”.
La clientela Prada viene soprattutto dall’estero. Stando infatti ai dati del 31 luglio 2014, l’83% dei ricavati del Gruppo proviene da mercati esterni. Il 21% dall’Europa, il 13% dalle Americhe, il 36% dall’Asia Pacific escluso il Giappone,  dal quale arrivano il 10% dei ricavi totali; infine il 3% giunge dal Middle East. Incalza Bertelli, “dobbiamo renderci conto che ci troviamo in un mercato sempre più globalizzato, anche per quanto riguarda il lavoro, ed è fondamentale essere competitivi sul piano internazionale”.
La forza-lavoro Prada dunque è d’importanza vitale e conta al suo interno il 62% di donne. L’età media dei dipendenti è di 36 anni e un’alta percentuale di essi lavora in azienda da più di dieci anni. Il totale dei nuovi assunti nel 2014 è pari a 2.545 unità, di cui circa il 60% ha addirittura meno di 30 anni. Dunque il ruolo della manodopera, anche giovanile, sarà sempre più importante per il Gruppo.
Su questo Bertelli ha le idee chiare. “La crisi o la chiusura delle piccole e medie imprese artigiane è uno dei mali italiani degli ultimi trentanni. È stato causato da tassazioni sempre crescenti, con conseguenti margini sempre più esigui, oltre che da uno scarso ricambio generazionale dovuto a mancanza di prospettive. Questo ha scoraggiato molte imprese artigiane esistenti, portandole a ritirarsi. In più le difficoltà di accedere al credito, le lungaggini burocratiche e la mancanza di incentivi, hanno scoraggiato i giovani a intraprendere queste attività. Per fortuna però il know how non è andato perso e vogliamo salvaguardarlo”. Bertelli puntualizza: “Prada è un brand di lusso che utilizza le risorse dell’hand-made. L’anima e le radici di tutte le nostre lavorazioni sono profondamente artigiane. Ogni singolo prodotto viene concepito come un esemplare unico, e nonostante la nostra è una produzione industriale, su larga scala, non perdiamo mai di vista la qualità, applicandola a ogni singola fase del processo”.
 


Prada Academy. La scuola dei mestieri artigianali
 
Nascerà nel 2015, alle porte del Valdarno, Prada Academy; un istituto che insegnerà i mestieri artigianali della moda. “In Italia alcune capacità professionali, soprattutto quelle attinenti alla cultura artigiana, venivano tramandate di padre in figlio. Le piccole imprese, generalmente familiari, formavano dei giovani che poi si mettevano in proprio o che assicuravano comunque la continuazione dell’impresa”, spiega Patrizio Bertelli. Così chiarisce perché fosse necessaria una scuola con una simile impostazione. “Le professionalità di bottega si sono pian piano perdute. E soprattutto il rischio reale è la mancanza di ricambio generazionale. L’utilità dell’accademia sarà dunque preservare il know-how, oltre che dare prospettive d’impiego in un momento in cui la disoccupazione giovanile in Italia è oltre il 40%”. Prada Academy accoglierà i giovani dai 16 ai 21 anni, dando loro la responsabilità di portare avanti il saper-fare italiano.

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