Crocetta e la gran balla: fiducia senza conseguenze - QdS

Crocetta e la gran balla: fiducia senza conseguenze

Carlo Alberto Tregua

Crocetta e la gran balla: fiducia senza conseguenze

martedì 04 Novembre 2014

È prevalsa la tasca dei deputati

Il teatrino della politica regionale ha sfornato un’altra operetta tutta frizzi e lazzi: una commedia da ridere, se non ci fosse da piangere.
A Crocetta viene imposta la revoca degli assessori e delle relative deleghe e la nomina di altri 12 apostoli graditi alle varie componenti che lo sostengono, indipendentemente dalle loro competenze e quindi dalle loro capacità di gestire con efficienza le branche amministrative loro affidate.
Unica eccezione è stata la nomina del commissario-assessore Alessandro Baccei, di cui si sente parlare bene, indicato dal sottosegretario Delrio, sembra in pieno accordo con Matteo Renzi e Davide Faraone, neo sottosegretario all’Istruzione, cui formuliamo i nostri auguri.
La commedia che si è svolta sotto gli occhi attoniti dell’opinione pubblica siciliana, la parte attenta, rientra nella collana delle commedie cui ci hanno abituato i 90 consiglieri-deputati delle ultime cinque o sei legislature.

Stringi stringi, qual è stato il loro interesse superiore? Quello di conservare gli appannaggi (20 mila € al mese lordi tutto compreso) e di mantenere in vita questa XVI legislatura, morta prima di nascere. Fatto dimostrato da questi due anni (è nata il 28 ottobre 2012) in cui ha approvato poche e cattive leggi, ampiamente e giustamente tranciate dal commissario dello Stato, prefetto Carmelo Aronica.
D’altra parte, con un presidente della Regione, onesto ma inconcludente e incapace di progettare il futuro della Sicilia, un Partito democratico in mano alla sinistra-sinistra, incrostato, legato al passato, un gruppo di 14 deputati pentastellati, neofiti e facilmente aggirabili, e poi tutti i frastagliati gruppi, gruppetti e gruppuscoli, ognuno portatore di interessi personali; in questo scenario, cosa si poteva fare di diverso? Proprio per questo è bene che vadano tutti a casa. Prima lo fanno e prima la Sicilia avrà la possibilità di rimettersi in moto.
Si potrebbe osservare: ma i nuovi eletti (presidente e consiglieri-deputati) cosa avranno di diverso da questi? Forse niente e forse tutto: dipenderà dall’impulso che il segretario nazionale del Pd darà alla formazione delle liste, in cui dovranno essere immessi non tanto giovani, anziani o donne, bensì siciliani bravi e onesti, capaci di ribaltare l’attuale situazione comatosa.
 

Anche Forza Italia, Ncd e centristi dovranno capire che l’epoca del clientelismo è finita, perché sono finite le risorse finanziarie, e dovranno impostare progetti veri, di interesse generale, tendenti a utilizzare interamente i fondi europei e quelli statali, cofinanziandoli. Per ciò stesso dovranno tagliare tutti i pagamenti a persone inutili, di stampo clientelare e passarli a investimenti e infrastrutture di cui la Sicilia ha bisogno.
Ma perché abbiamo bollato come una pantomima la balla della fiducia (44 a 37)? Perché anche se il risultato fosse stato rovesciato (37 a 44), non avrebbe sortito alcun effetto.
Un presidente della Regione sfiduciato può tranquillamente continuare a fare il presidente, anche svolgendo la sola ordinaria amministrazione, salvo compromettere la stabilità della Regione. In quel caso interverrebbe l’art. 8 dello Statuto, secondo cui il commissario dello Stato può proporre al Governo lo scioglimento dell’Ars per persistente violazione dello stesso.

La Regione è tecnicamente fallita. Quando la Corte dei Conti ha dichiarato, nella sua relazione, che quasi la metà dei crediti erano carta straccia ha di fatto confermato tale fallimento. Insieme a quello del bilancio annuale, approvato dall’Assemblea regionale in questi ultimi anni.
Il nuovo assessore-commissario, Baccei, non potrà fare altro che prendere atto della situazione e depennare tutte quelle spese vietate per legge e non più compatibili con il bilancio 2015. Dovrà tagliare indennità e stipendi a quella pletora di gente inutile, impedire il rinnovo dei contratti di precari di qualunque genere e tipo dopo il 31 dicembre 2014, tagliare gli sprechi nella sanità (oltre un miliardo) e così via enumerando, come scriviamo su queste pagine da anni.
A questo punto, se ne avesse la capacità, Crocetta dovrebbe presentarsi ai quotidiani e alle televisioni regionali dicendo che la rivoluzione (quella vera) della Sicilia si basa sull’avviamento del lavoro produttivo e sulle assunzioni delle imprese, conseguenti all’apertura dei cantieri per le infrastrutture e all’insediamento di industrie agroalimentari ed energetiche.
In caso contrario, sarà soltanto la continuazione della tragicomica operetta da strapazzo.

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