In sette anni l’edilizia ha perso al Sud il 35,3% del valore aggiunto - QdS

In sette anni l’edilizia ha perso al Sud il 35,3% del valore aggiunto

Serena Giovanna Grasso

In sette anni l’edilizia ha perso al Sud il 35,3% del valore aggiunto

venerdì 07 Novembre 2014

Allarmante il quadro che emerge dal rapporto Svimez secondo cui in Sicilia quasi una persona su due versa in uno stato di povertà (42%). Non fa meglio il settore industriale (-24,7%), flessioni più modeste per l’agricoltura (-8,8%)

PALERMO – Nessun segno di smentita, tutte le fonti continuano ad essere unanimi: inesorabile l’arretramento economico che investe la Sicilia e tutto il Mezzogiorno più in generale. Ed ecco che fonte dopo fonte, anche la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) con il suo consueto rapporto annuale conferma e denuncia quanto mille e mille volte già ribadito.
A otto anni dall’ingresso della crisi, anno dopo anno la situazione non fa altro che peggiorare. Mentre le economie dei Paesi emergenti, quali Cina, India, Brasile e Russia, crescono a ritmi impressionanti, l’Italia continua a retrocedere: tra il 2001 ed il 2013, il Belpaese ha accumulato una flessione negativa del Prodotto interno lordo pari allo 0,2%. Sicuramente non è possibile imputare la colpa di un tale dissesto al Centro-Nord, che al contrario nell’arco temporale considerato ha visto crescere il proprio Pil del 2%.
 
Tutto il “merito” del risultato predetto è del Mezzogiorno che ha accumulato una perdita del 7,2%. In base a valutazioni Svimez nel 2013 il Pil è crollato nel Mezzogiorno del 3,5%, approfondendo la flessione dell’anno precedente (-3,2%), con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4%). In particolare, in Sicilia la flessione si conferma in linea rispetto al valore meridionale (-2,7%), con una perdita percentuale che rappresenta poco meno della metà rispetto a quella registrata in Puglia (-5,6%). Da rilevare che per il sesto anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno registra segno negativo, a testimonianza della criticità dell’area.
Mentre per quel che riguarda gli anni della crisi, il calo cumulativo percepito in Sicilia è tra i più alti naturalmente a livello nazionale, ma anche nello stesso Mezzogiorno: tra il 2007 e il 2013 si parla di una perdita di Pil pari al 14,6%, esattamente come ha riferito la Corte dei Conti nel suo Rendiconto della Regione Siciliana.
Al di là della fredda prospettiva che può imprimerci l’analisi economica che stiamo conducendo in questa sede, conosciamo bene le storie che si stagliano sullo sfondo. Storie di povertà senz’altro: un terzo delle famiglie meridionali si trova a fronteggiare uno stato di indigenza (33,4%), rispetto al 13,7% del Centro-Nord. Anche in questo caso la Sicilia batte tutti i record negativi: infatti, nell’Isola quasi una persona su due è in stato di povertà (41,7%). Si pensi che proprio in terra di Trinacria il Pil procapite ammonta a 16.152 euro; attenzione parliamo di valore medio, quindi è evidente che esiste una cospicua parte di siciliani che percepisce importi nettamente inferiori.
Seguitiamo ancora nel raccontare le storie ad esempio di tutti quegli imprenditori che nel corso degli anni hanno visto sempre più assottigliarsi il valore aggiunto nel proprio settore d’impresa. Sicuramente, la categoria più svantaggiata attiene all’industria: nel Mezzogiorno lo scorso anno il crollo si è attestato al -6,5%, valore più che doppio rispetto al -2,7% del Centro-Nord. Addirittura, tra il 2008 e il 2013 la contrazione si attesta al 24,7%. Con tutto quel che ne deriva poi in termini occupazionali: i posti di lavoro nel settore sono scesi del 4%, solo dello 0,9% nel Centro-Nord.
Se consideriamo il complessivo settennio di crisi, la parte peggiore è riservata al settore delle costruzioni che ha assistito ad una perdita di valore aggiunto pari al 35,3% (si parla del 23,8% nel Centro-Nord). Mentre per lo scorso anno la contrazione si è attestata al 9,6%, tasso percentuale esattamente doppio rispetto al Centro-Nord (-4,8%).
Un potenziale barlume di speranza è rappresentato dal settore agricolo che rileva le minori perdite in termini di valore aggiunto sia rispetto all’intero periodo critico preso in considerazione, sia rispetto all’andamento del 2013: -0,2% è la contrazione che caratterizza il 2013, mentre -8,8% il periodo compreso tra il 2008 e il 2013. Ed è proprio nel Mezzogiorno che quest’ultimo settore concentra il 40% del valore aggiunto prodotto a livello nazionale e il 46% sul totale degli occupati. Dunque, proprio la situazione che sembra emergere dall’enunciazione di questi ultimi dati potrebbe essere sfruttata per rilanciare la ripresa meridionale. Ma purtroppo non ci resta che concludere con l’ennesima delusione: infatti, l’area meridionale è destinataria soltanto del 22% degli investimenti nazionali, tra l’altro crollati dal 38% del 2007. Dunque, anziché potenziare una possibile ripartenza non si fa altro che abbandonarla dirigendoci sempre più verso lo sfacelo.

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