Raddoppiati in dieci anni il numero e i dipendenti delle imprese sociali italiane. Fra il 2003 ed il 2012 le imprese sono passate da 8.500 a circa 17.600 unità mentre gli addetti del settore hanno superato le 400.000 unità. E anche se per il 2014 il saldo occupazionale è previsto in calo (-0.8%) resta migliore rispetto alle aspettative del complesso dell’imprenditoria italiana (-1.5%).
Il candidato ideale? Quello che ha una figura high skill, con elevato livello di istruzione e di esperienza. Questo il lavoratore sul quale le imprese sociali puntano maggiormente per sostenere la crescita e la cui domanda di lavoro è passata dal 29% del 2008 al 33% nel 2014 mentre tende a decrescere la quota delle figure operaie, che nel 2014 costituiscono appena il 3% del totale.
Dati alla mano negli anni compresi tra il 2003 e il 2012, il numero di imprese sociali è passato in termini assoluti da circa 8.500 a circa 17.600 unità, con una crescita più marcata nel Mezzogiorno (+136%). Mentre nello stesso periodo di tempo il numero dei dipendenti è aumentato del 114%, arrivando a sfiorare le 474.000 unità e mostrando così di muoversi in controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato del lavoro. Le imprese sociali non operano più solo nel tradizionale campo dei servizi socio-assistenziali, sanitari o formativi, ma sempre più anche nel settore dei servizi per l’infanzia (asili nido) e in quelli culturali, ricreativi e della ristorazione.
Più in particolare, sono le imprese con fatturato in aumento e quelle innovatrici (cioè quelle che hanno dichiarato di avere realizzato innovazioni di prodotto/servizio nel corso del 2013) a presentare una propensione ad assumere ancora più elevata. Infatti la quota di imprese che assumono tra quelle con aumento del fatturato nel 2013 si attesta al 52% (a fronte del 17% delle imprese con diminuzione del fatturato), mentre tra quelle che hanno effettuato innovazioni arriva al 45% (contro il 31% di chi non ha innovato).