Pensionati parassiti per la parte retributiva - QdS

Pensionati parassiti per la parte retributiva

Carlo Alberto Tregua

Pensionati parassiti per la parte retributiva

sabato 08 Novembre 2014

Non diritti acquisiti, ma privilegi

In questi giorni il sindacato Spi Cgil ha messo in movimento le sue forze per intercettare il malumore dei pensionati i quali, poveretti, non si vedono aumentare il loro assegno pensionistico. Ovviamente Spi Cgil continua a fare il gioco della casamadre che è quello di contrastare in tutti i modi l’azione del governo Renzi, che finalmente sta rompendo privilegi e incrostazioni, accumulati in decenni di predominio delle corporazioni.
I pensionati non sono tutti uguali. Ve n’è una parte che riceve un piccolo assegno di sussistenza di 5/600 euro al mese. Questi sì, dovrebbero vedersi l’assegno aumentato, non solo per recuperare l’inflazione, ma per avere una vita meno disagevole.
Poi vi sono i pensionati che ricevono l’assegno esclusivamente in base ai contributi versati, liquidato col metodo contributivo. Qualunque sia la somma dell’assegno, esso è pienamente meritato perché l’ente previdenziale non fa altro che erogare quanto in precedenza ha incassato per contributi, versati sia dal datore che dal prestatore di lavoro.

E poi vi è quella gran parte di pensionati privilegiati, prevalentemente pubblici, perché nell’assegno che ricevono vi è una parte non proporzionata ai contributi versati. Per questo motivo l’ente previdenziale riceve dallo Stato risorse finanziarie, prelevate dalla fiscalità generale e quindi che gravano sui contribuenti, per foraggiare tali pensionati privilegiati, per la parte del conteggio retributivo dell’assegno.
Vi sono migliaia e migliaia di pensionati che prendono assegni di 5/10/15.000 euro al mese (lordi) ed anche più e che invece dovrebbero incassare meno della metà, anche perché, spesso, nella Pubblica amministrazione i governi clientelari degli ultimi trent’anni hanno inventato il cosiddetto scivolo, per mandare in pensione prima del tempo i dipendenti.
Lo scempio del sistema pensionistico italiano è dato proprio da questa palese ingiustizia, secondo la quale vi sono cittadini che percepiscono legittimamente assegni pensionistici in base ai contributi versati e un’altra parte, forse non minore, che gode di privilegi, basati su un’azione parassitaria: succhiare il sangue, cioè le imposte ai cittadini che già ne pagano oltre ogni misura tollerabile.

 
Non si tratta dunque di diritti acquisiti, ma di privilegi acquisiti che potrebbero fare scaturire una legge dello Stato mediante la quale si riordina tutta la materia, riconteggiando le pensioni, da cui dovrebbero essere sottratte le somme non corrispondenti ai contributi versati a suo tempo.
Certo, in quest’azione di governo dovrebbe essere coinvolta la magistratura dai livelli più alti fino ai tribunali, diversamente i ricorsi presentati dai privilegiati sarebbero accolti dai giudici annullando l’efficacia di un’azione di questo genere.
Su 800 miliardi, circa, di spesa pubblica annuale, oltre 260 (cioè più di un terzo) alimenta i pensionati. Mentre circa 80 miliardi destinati agli assegni sociali sono più che giustificati, gli altri 180 potrebbero essere disboscati, facendo risparmiare allo Stato almeno una ventina di miliardi, tolti ai privilegiati che continuano a fare la bella vita ed hanno la faccia di bronzo di chiedere aumenti.

La materia pensionistica prima descritta rientra in un quadro generale nel quale mostra sempre di più la corda la Pubblica amministrazione nel suo complesso.
Il disastro idrogeologico che emerge continuamente fa vedere come dirigenti e Giunte dei Comuni abbiano dato autorizzazioni e concessioni per costruire immobili sul letto dei fiumi, e non abbiano controllato le opere di contenimento perché si sono fatti corrompere: il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Ma anche pezzi dello Stato e delle Regioni hanno chiuso gli occhi sugli scempi che ha subito tutto il territorio del Paese, ovviamente perché sono stati oliati gli ingranaggi con le mazzette che non si negano a nessuno.
Pensare che il coraggioso manipolo di pubblici ministeri possa scoperchiare pentole e pentoline di Pandora è irragionevole
Occorre, invece, che la burocrazia, da vetocrazia si trasformi in approvocrazia, cioè che rilasci o neghi tutte le richieste di cittadini e imprese in trenta giorni. In caso di omissione, riflessi pesanti sulle carriere dei dirigenti.
Basta privilegi, rimettiamo in moto la parte sana del Paese: insieme si può reagire!

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