Statali e pensionati sciopero contro i disoccupati - QdS

Statali e pensionati sciopero contro i disoccupati

Carlo Alberto Tregua

Statali e pensionati sciopero contro i disoccupati

sabato 15 Novembre 2014

Vivono bene ma vogliono di più

Il sindacato dei pensionati della triplice alza la voce perché vuole in moneta sonante l’aumento degli assegni mediante il rinnovo del contratto, bloccato da alcuni anni, e il calcolo dell’inflazione.
In tempi normali, la richiesta apparirebbe legittima, ma quando una comunità di 60 milioni di cittadini ha al suo interno oltre tre milioni di disoccupati, pari quasi al 13 per cento della forza lavoro, quando l’economia ristagna, i consumi sono sotto zero, come la produzione industriale, il Pil non riesce a disancorarsi dal fondo, i cantieri delle opere pubbliche sono fermi, e altre amenità consimili, quando tutto ciò è una triste realtà sotto i nostri occhi, chi sta discretamente bene vuole di più.
Un gesto di egoismo deprecabile, perché non tiene conto di decine di migliaia di cassintegrati del settore privato che percepiscono 800 euro al mese e dei disoccupati che vivono di espedienti.

Intendiamoci, parlare di tutti i pensionati come di una categoria è un grosso errore. Stacchiamo da essi tutti quelli che ricevono un assegno di 500 € che rientra nella sfera di doverosa assistenza per tirare fuori dalla povertà nera decine di migliaia di cittadini. L’assistenza previdenziale nel suo complesso costa 80 miliardi di euro l’anno e riteniamo che siano somme ben spese come manifestazione sociale di solidarietà.
Poi vi sono i pensionati che ricevono il loro assegno calcolato sulla base dei contributi versati da loro stessi e dai datori di lavoro: anche per questi l’adeguamento al costo della vita sarebbe opportuno.
Infine, vi è la categoria dei pensionati privilegiati, soprattutto quelli pubblici, i quali ricevono un assegno sproporzionato fortemente rispetto ai contributi versati, perché calcolato col retributivo. Tutta la differenza che toccherebbe loro fra quella parte della pensione contributiva e l’altra non dovuta è a carico della fiscalità generale, cioè di tutti i contribuenti. Tale differenza è ancora più elevata nelle fasce alte dei pensionati.
Dunque, parlare di questa categoria come di un tutt’uno è un errore, mentre sarebbe opportuno che si separasse il grano dal loglio. Però, il sindacato non fa questa separazione e quindi inquina la sua azione perché consente alla gramigna di aggredire il frumento.

 
Questo non è tempo di scioperi, che in quanto tali sono sempre legittimi perchè previsti dalla Costituzione. Quando tanta gente sta male, quando vi sono quasi 9 milioni di poveri, oltre ai citati 3 milioni di disoccupati, quando la classe media è sotterrata da imposte di ogni tipo, soprattutto quella miriade di imposte comunali, quando il 90 per cento dei cittadini sta male, appare irresponsabile da parte di qualunque categoria proporre uno sciopero contro l’austerity, indispensabile per rimettere in ordine i conti del bilancio statale.
La legge di stabilità 2015 naviga tra mille difficoltà. Ha già subito una rettifica da parte dell’Ue di 3,2 miliardi di euro, proposta dalla vecchia commissione, presieduta da José Manuel Barroso. Ma già quella nuova, in carica dal 1° novembre, minaccia ulteriori correzioni.

Matteo Renzi deve dividere la sua azione fra le riforme economiche, che spingano l’aumento dell’occupazione e del Pil, la ripresa di un clima di fiducia, che faccia tirare fuori i soldi da sotto il pavimento a molti italiani impauriti e faccia vedere in prospettiva breve la possibilità di incrementare il business.
Deve agire su fisco, giustizia, burocrazia e regole del lavoro, quattro settori delicati in cui sono manifestamente forti le resistenze al cambiamento perché le corporazioni non intendono rinunciare ai propri privilegi, neanche in uno stato di difficoltà dell’intero Paese.
Ecco perché è necessario spingere il Governo nazionale e le Giunte regionali a muoversi all’unisono mettendo in cima alla graduatoria delle azioni  l’interesse generale.
La questione è semplice: o le corporazioni continuano a fare il loro interesse a danno dei cittadini o il governo dei cittadini taglia le unghie alle corporazioni per fare l’interesse generale.
Non ci sono più possibili ambiguità. Chi cercasse di fare il furbo in queste condizioni dovrebbe essere additato dall’opinione pubblica come eversore ed emarginato senza tentennamenti. Non c’è più spazio per furbi, approfittatori e parassiti.

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