Serve questo? Facciamolo - QdS

Serve questo? Facciamolo

Carlo Alberto Tregua

Serve questo? Facciamolo

mercoledì 19 Novembre 2014
Più volte ci siamo soffermati sull’opportunità che ciascun vivente – finché è dotato di buona salute ed è, quindi, padrone di sé stesso – debba pensare positivo, cioè costruire, crearsi e raggiungere obiettivi, economici e sociali, aiutare i più deboli e bisognosi.
Anche nel terzo settore serve organizzazione ed efficienza, per massimizzare gli apporti e le liberalità che cittadini versano per sostenere chi fa questo lavoro, totalmente gratuito (ovviamente!).
Pensare positivo deve diventare un costume di vita, non un vestito che si indossa la mattina. Deve diventare un modo di essere, tale che, automaticamente, quando si guarda una circostanza, si pensa subito all’aspetto positivo, come dire che va ignorato sempre il bicchiere mezzo vuoto.
Ciò non significa essere superficiali, giocherelloni, fare in cerchio ullallà. Pensare positivo significa affrontare con realismo le difficoltà che incontriamo ogni giorno e trovare le soluzioni più idonee per superarle. 

Noi siamo fatti di livello emotivo (o istintivo) e di livello razionale. I sentimenti albergano nel primo livello, tenacia, buona volontà e capacità, nel secondo.
La nostra mente (o intelligenza), che governa il cervello – il quale è una sorta di centrale informatica con i suoi software che fanno funzionare i sistemi del corpo – è sempre (o quasi) sottoutilizzata. Si dice che, forse, non superi un quarto della sua potenzialità. Lo sforzo di ognuno di noi dovrebbe tendere ad aumentare questa fascia minoritaria per spostarla al trenta/trentacinque/quaranta percento.
Se utilizzassimo di più la nostra intelligenza, faremmo più cose in meno tempo. Non è vero che per raggiungere risultati serva la quantità, mentre è vero che serve la qualità. è proprio la qualità che consente di raggiungere la massima efficienza delle proprie azioni e, quindi, i migliori risultati possibili.
Questo non è il ragionamento dell’homo economicus, ma il ragionamento di chi punta a vivere pienamente, a motivare la propria esistenza e fare, far fare e dopo saper fare.
Quanto precede non è un modo di vita facile ma è semplice. Basta volerlo.
 

Quanti blablatori ci sono in circolazione. Soprattutto fra i politicanti senzamestiere e i burocrati senzaprofessione. Ascoltiamo anche imprenditori e professionisti che cercano di gabbare il prossimo e sindacalisti che non hanno mai lavorato ma percepiscono ricchi stipendi, pagati dagli aderenti, i quali non scelgono di confermare ogni anno la ritenuta automatica della quota da parte dell’Inps.
Dobbiamo voler ottenere risultati con una mentalità concreta, del tipo: serve questo? Facciamolo. Serve quest’altro? Do it (fallo). Se tutti ci comportassimo in base al precetto del fare, le cose andrebbero meglio, la società progredirebbe, le ingiustizie sociali diminuirebbero.
A dare l’esempio di quanto precede dovrebbero essere le associazioni del terzo settore: consumatori, veri ambientalisti, associati dei club service ed altri. Purtroppo, abbiamo notato in questi cinquantasei anni di lavoro, come tutti codesti soggetti badino a sé stessi piuttosto che perseguire l’interesse generale.

Gli elementi per vivere bene sono almeno due: creatività e passione. Ci chiediamo come si possa lavorare, per sé o per gli altri, senza passione; come si possano affrontare le fatiche mentali e fisiche giornaliere (almeno per chi le subisce), senza avere passione per quello che si fa.
Nei colloqui di selezione di personale (nel settore privato) il requisito che si cerca nei candidati è la passione per il lavoro prospettato. Tal che, appena il candidato chiede notizie sulle condizioni economiche, viene immediatamente escluso.
E l’altro elemento di ogni lavoro è la creatività, cioè immaginare come dovrebbe o potrebbe essere l’oggetto per cui si lavora. La creatività si alimenta ogni giorno pensando, pensando e pensando, leggendo, leggendo e leggendo, non certo sui tablet, quando, dopo dieci minuti la vista non regge e ci si stanca.
Bisogna puntare a vincere, non per sé stessi ma per gli altri. Per far questo bisogna trovare ogni giorno una o due ore di tempo per sé medesimi: pensare, leggere, fare attività fisica e, perché no? Rilassarsi. La vita è bella. Onoriamola!

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