Rendita catastale e valore di mercato, a Palermo il divario è del 288% - QdS

Rendita catastale e valore di mercato, a Palermo il divario è del 288%

Adriano Zuccaro

Rendita catastale e valore di mercato, a Palermo il divario è del 288%

giovedì 20 Novembre 2014

È partita l’operazione sugli immobili, rivalutati da Agenzia delle Entrate, Anci e professionisti con l’obiettivo di ristabilire equità. Vani addio, sì ai metri quadri. La revisione riserva sorprese: al secondo posto Enna precede Messina

CATANIA – La rendita catastale media delle abitazioni civili (A2) ed economiche (A3) a Palermo è di 47.040 euro mentre il valore di mercato è di 182.459 euro. Un divario del 288%, pari a 135.419 euro. I dati sono stati elaborati da Agefis (Associazione dei geometri fiscalisti); la fonte è l’Agenzia delle Entrate – Omi. Ma Palermo è solo la punta dell’iceberg di un sistema di valutazione che in Sicilia (come del resto in tutta Italia) fa parecchio discutere. Il capoluogo di regione è, in effetti, il leader nell’Isola ma non mancano le città concorrenti con dati sorprendenti.
Il secondo posto è occupato da Enna, dove riscontriamo una rendita catastale media delle abitazioni (A2 ed A3) di 61.656 euro, un valore di mercato di 169.770 euro e un divario del 175%. Terzo posto per Messina che con una rendita catastale media di 63.840 euro e un valore di mercato di 145.095 euro riesce ad accumulare un divario pari a 127 punti percentuale (si legga tabella completa).
I numeri citati acquisiscono una valenza ancora più importante in vista dell’annunciata “operazione catasto” che porterà alla revisione delle rendite catastali di oltre 60 milioni di immobili. Il 10 novembre scorso è stato, infatti, varato dal Consiglio dei ministri un decreto legislativo che muove i primi passi in direzione di una rivalutazione più equa degli immobili. Il 28 ottobre con l’articolo “Rendite catastali, meglio saperle” avevamo già accennato al lavoro svolto dall’Agenzia dell’Entrate (AE) per andare a scovare quegli immobili registrati al catasto come “abitazioni ultrapopolari” e che, invece, presentano tutte le caratteristiche di abitazioni di categoria superiore.
 Al lavoro dell’AE, dunque, si affianca un progetto politico che tra circa cinque anni dovrebbe portare i valori catastali a subire rivalutazioni che potranno arrivare a sfiorare il 200%. All’Agenzia delle Entrate, all’Anci e ai professionisti (geometri, fiscalisti, ingegneri) il duro compito, nei prossimi anni, di stimare immobile per immobile le nuove rendite catastali per calcolare l’imponibile sul quale si pagano Imu, Tasi e Irpef.
Il presidente dell’Agefis, Mirco Mion, però, ci tiene a fare alcune precisazioni che, certamente, fugheranno il pericolo allarmismo: “Secondo quanto previsto dalla legge delega, 11 marzo 2014, n.23, i contribuenti non dovranno subire rincari. La delega, infatti, prescrive la cosiddetta ‘invarianza di gettito’. Sicuramente, in seguito alla rideterminazione delle rendite catastali, qualcuno si troverà a dover pagare di più e qualcuno di meno, dal momento che la riforma dovrà sanare quegli squilibri attualmente presenti, a causa dei quali due case molto simili, se non uguali, pagano tasse differenti in virtù delle diverse collocazioni catastali”.  In merito al sistema di rivalutazione Mion afferma: “Per rendere il sistema di valutazione più equo, i metri quadri e le caratteristiche degli immobili determineranno il nuovo valore catastale, che dovrà allinearsi al valore di mercato.
Il valore medio ordinario sarà quindi determinato partendo dai valori di mercato al metro quadrato per la tipologia immobiliare relativa, ma dipenderà anche da ubicazione dell’immobile, servizi presenti nel quartiere, esposizione, affaccio, stato di manutenzione, ascensore, efficienza energetica, per ogni ambito territoriale (anche all’interno dello stesso comune)”.
Al vecchio sistema che teneva conto dei vani, dunque, si sostituirà il valore di mercato al metro quadro e si aggiungeranno tutte le variabili elencate da Mion con l’obiettivo, non facile, di ristabilire un minimo di equità in un Paese in cui le abitazioni “di lusso” sono state, spesso e per lunghi anni, assimilate al catasto ad immobili ben più modesti.

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