Non lasciare la Regione ai corrotti - QdS

Non lasciare la Regione ai corrotti

Carlo Alberto Tregua

Non lasciare la Regione ai corrotti

mercoledì 10 Dicembre 2014

Occorre istituire i Niai

Matteo Renzi dice: non lascio Roma ai ladri. Un discorso minimalista, perché la corruzione si annida non solo a Roma Capitale, ma in moltissimi degli 8.057 comuni d’Italia, nonché nelle ottomila (forse diecimila) società partecipate e, in genere, in tutte quelle strutture pubbliche, comprese le sanitarie, che comprano beni e servizi.
Bisogna seguire la via del denaro, sosteneva Carlo Alberto Dalla Chiesa quando venne nominato prefetto di Palermo. Proprio investigando su tale via, egli firmò la sua condanna a morte.
Le organizzazioni criminali temono più di essere colpite nei patrimoni che non il carcere. Se il successo arriva contro di esse è perché si stanno moltiplicando confische e sequestri di patrimoni.
Il bravo procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, ha messo in moto una macchina poderosa, congiungendo elementi di prova di varia natura che sarà difficile smontare. Certo, nell’impianto accusatorio vi potranno essere sbavature, ma tutto il marciume che c’era in Roma Capitale sta cominciando a venire fuori.

La vicenda che analizziamo non è paragonabile a Mani Pulite, che cominciò con l’arresto di Mario Chiesa, presidente dell’Opera pia Albergo Trivulzio, il 7 febbraio 1992. Man mano che venivano arrestati esponenti politici, l’indignazione popolare crebbe e si concretizzò con il lancio delle monetine all’ex primo ministro Bettino Craxi, davanti alla sua abituale residenza romana, l’hotel Rafael.
Allora i partiti svenavano gli italiani, ma molti uomini politici finiti in galera non si erano appropriati di denaro per le proprie tasche. Oggi, invece, le bande di malfattori lavorano in proprio, approfittando di un ceto politico mediocre e permeabile e di un ceto burocratico pronto a farsi corrompere.
Intendiamoci, lo ribadiamo ancora: la maggior parte di burocrati è corretta e professionale, ma la grave colpa è di tacere sulle malversazioni che compiono i colleghi, anziché denunciarle a voce alta e chiara, anche spingendo le rappresentanze sindacali a fare pulizia al proprio interno, anziché chiedere aumenti.
Il ceto politico è al più alto livello delle responsabilità istituzionali, ma è mediamente composto da persone ignoranti e con un basso tasso di moralità. Ecco perché è corrompibile.

 
È impensabile che i pubblici ministeri possano scovare migliaia di casi di corruzione. Per questa ragione, il governo deve procedere rapidamente a tagliarne la causa. Come? Eliminando tutte le partecipate nazionali, regionali e comunali che sono in passivo e che si mangiano 26 miliardi l’anno. Il relativo personale potrà essere assorbito dagli enti scellerati che li hanno generati.
E poi, altro provvedimento urgente, devono essere istituiti per legge i Nuclei investigativi affari interni, che vadano a caccia, tutti i giorni e a tutte le ore, della corruzione e dell’inefficienza che provoca la corruzione, nonché di quei banditi che avvicinano politici e burocrati per corromperli.
È impensabile che Regioni e Comuni istituiscano tali nuclei al proprio interno, perché si darebbero la zappa sui piedi, in quanto non potrebbero continuare l’azione clientelare basata sul favoritismo come strumento per l’acquisizione di perfido consenso: il voto di scambio.

La Regione siciliana è un coacervo incalcolabile di inefficienza. Deducendo, di corruzione. Eppure vi sono migliaia di dipendenti e centinaia di dirigenti bravi e preparati che, anche in questo caso, non denunciano, a voce forte e chiara, i loro colleghi che non lavorano o lavorano male, che aspettano la telefonata per concedere il favore verso il pagamento della rituale mazzetta.
Anche in questo caso, i sindacati che rappresentano i dipendenti regionali dovrebbero agire per denunciare quella parte dei loro associati che sono contro i siciliani. Ma non lo fanno.
Il presidente della Regione ha tentato di fare un po’ di pulizia, presentando denunce alla Procura della Repubblica. Ma non ha capito che la pulizia si fa se l’organizzazione dei servizi è efficiente e se essi sono trasparenti e limpidi.
Il portale web della Regione è quanto di più opaco esista, per nascondere malefatte, sperperi e comportamenti inadeguati a chi ha responsabilità di generare servizi pubblici.
Crocetta si svegli dal torpore e capisca che le parole sono inutili. Servono atti forti per soddisfare l’enorme indignazione dei siciliani.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017