Se i precari volessero diventare imprenditori - QdS

Se i precari volessero diventare imprenditori

Carlo Alberto Tregua

Se i precari volessero diventare imprenditori

sabato 13 Dicembre 2014

Così, sviluppo e occupazione

Ogni anno, in Sicilia, arriva la litania: la proroga dell’impiego pubblico ai cosiddetti precari. Chi sono questi precari? Persone che sono state chiamate, ad una ad una, sulla base di raccomandazioni. Quindi cittadini privilegiati che non sono mai stati sottoposti a selezioni ed ai concorsi previsti tassativamente dall’art. 97 della Costituzione.
La domanda che l’opinione pubblica si pone è: perché sono stati chiamati questi signori e non altri che avevano quantomeno il diritto di una onesta competizione in modo da far valere il proprio merito?
Intendiamoci, certamente fra questi precari vi sono persone meritevoli, solo che il loro merito non è stato dimostrato nell’ambito dei concorsi pubblici. Si dirà che anche nei concorsi vi sono le raccomandazioni. è possibile. Ma almeno non ci può essere quel sistema generalizzato basato sullo scambio del voto con il posto, su cui hanno ottenuto consensi tanti politicanti senzamestiere, che hanno sempre ignorato che cosa sia la Politica.

I giovani più preparati vanno via dall’Italia e dalla Sicilia. L’Istat ne ha contati quasi centomila nel 2013. I migliori cervelli se ne vanno perché qui non ci sono opportunità adeguate. D’altro canto, il mammismo diffuso fa rattrappire le intelligenze e non fa capire che ognuno ha il dovere di fare quanto in suo potere per attivare iniziative economiche e culturali che gli consentano di guadagnare, per soddisfare i bisogni essenziali e quindi conquistare la propria libertà.
Questo, dunque, lo scenario siciliano in cui si vive. Per contro, c’è l’inazione dei precari e di tanti altri nel tentare qualunque via al di fuori del posto pubblico, che ormai non c’è più.
Se cercassero di diventare piccoli imprenditori, se sfruttassero la propria inventiva (quando c’è), se si riunissero in cooperative o consorzi atti ad operare nel mercato, contribuirebbero allo sviluppo della Sicilia che ha bisogno di intelligenze attive, di persone volenterose, dotate di tenacia e capacità, necessarie per affrontare e superare le difficoltà.
I precari sono stati illusi da un ceto politico clientelare becero, che ha accumulato vitalizi di lusso, prebende e indennità non dovute e sproporzionate alle loro capacità.
 

I vitalizi non sono diritti acquisiti, ma privilegi acquisiti, che vanno tagliati con la scure senza guardare in faccia a nessuno. Si capisce che quando il ceto politico mantiene tali privilegi acquisiti, il ceto burocratico precario vuole anch’esso mantenere il privilegio acquisito.
Si tratta di una vergogna che deve cessare immediatamente perché non è più possibile che per mantenere alcune decine di migliaia di precari, si calpestano 400 mila disoccupati e 300 mila piccoli imprenditori e artigiani, oltre a un milione di siciliani sul ciglio della povertà.
Crocetta vuole indebitare la Regione con un mutuo di due miliardi, un altro debito che si somma ai sei miliardi già esistenti. Questi debiti vengono caricati sulle future generazioni che ci malediranno per essere stati egoisti e orbi.
Crocetta dovrebbe tagliare la spesa clientelare anzichè fare nuovi debiti. Solo così dimostrerebbe che ha a cuore i giovani ed il loro futuro. Ma forse egli ha la vista corta e vede fino al proprio naso, altro che mirare al futuro!

Regione e Comuni scoppiano di personale. Ma anche le partecipate regionali e comunali non sono da meno. Non parliamo delle Province fantasma, trasformate in Consorzi di Comuni, ma ancora non attivati. In quegli enti vi sono migliaia e migliaia di dipendenti, di cui una parte inutile, con partecipate anch’esse gonfie di personale.
Che le assunzioni clientelari nel pubblico impiego siano state un ammortizzatore sociale è vero. Ma che oggi non ci possiamo più permettere di mantenere i privilegiati, lasciando a casa disoccupati, piccoli artigiani ed imprenditori è altrettanto vero.
San Francesco divideva la sua povertà con altri poveri. La Regione dovrà dividere le poche risorse di cui dispone fra tutti indistintamente: disoccupati, piccoli imprenditori e artigiani, precari. O tutti o nessuno.
Pensi bene a quello che fa l’assessore-commissario Baccei. Non faccia il mendicante col Governo, ma componga il bilancio 2015 basato sul taglio della spesa clientelare e sul finanziamento indispensabile agli investimenti e al cofinanziamento dei fondi Ue.

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