Incubo Russia sui mercati, escluso il rischio default - QdS

Incubo Russia sui mercati, escluso il rischio default

Rosario Battiato

Incubo Russia sui mercati, escluso il rischio default

giovedì 18 Dicembre 2014

Incidono sanzioni e crollo del petrolio, continua la guerra alla speculazione

PALERMO – A osservare le immagini delle code interminabili nei negozi russi, sembrava di aver fatto un salto indietro nel tempo. Ma non è la Russia sovietica a uscire con le ossa rotte da un durissimo scontro commerciale con l’Occidente, ma la Russia postcomunista di Putin e Medvedev. La crisi del rublo, che dall’inizio del 2014 a oggi si è svalutato di oltre il 50%, ha avuto nei giorni scorsi un passaggio drammatico con la corsa della popolazione a spendere il maggior numero possibile di moneta per evitare la perdita di altro valore, un monito che rievoca un altro periodo drammatico della recente storia russa: il default del 1998.
Un euro per cento rubli. Questo è stato il livello minimo raggiunto dalla moneta russa in questa settimana sui mercati, ondeggiando successivamente sugli 80 e i 70 (tre mesi fa “bastavano” 50 rubli per un comprare un euro). Un bel giro sulle montagne russe che deriva da una serie di concause che stanno minando le basi dell’economia russa. La Russia dipende fortemente dalle esportazioni di gas e di petrolio, che valgono circa la metà delle sue entrate, e non è un caso che il valore del rublo abbia cominciato la sua discesa parallelamente al prezzo del petrolio.
A questa situazione si aggiungono le sanzioni comminate dall’Occidente in seguito alle ben note questioni internazionali, Crimea e soprattutto Ucraina, che hanno incrinato i già complessi rapporti coi vicini europei e gli statunitensi. Per Serghej Lavrov, ministro degli Esteri russo, le sanzioni di Stati Uniti e Ue tendono a minare la stabilità politica della Russia per favorire un cambio di regime. In ogni caso questi fattori generano la fuga di capitali che finisce per penalizzare ulteriormente il cambio: la Bbc ha stimato 128 miliardi portati fuori dal Paese soltanto nel 2014. In questo calderone tormentato c’è stato anche il recente crollo della Borsa di Mosca del 19%, record negativo dalla metà degli anni novanta, e un’inflazione che ha raggiunto quota 9%.
Nei giorni scorsi la Banca centrale russa ha annunciato una serie di misure per stabilizzare le banche a rischio dopo il crollo del rublo tra cui una ricapitalizzazione, una moratoria sulle coperture dei prestiti a rischio e prestiti in valuta estera. Inoltre ha speso quasi 2 miliardi di dollari per difendere il rublo dagli attacchi speculativi, ma la situazione è ancora molto delicata.
Non ci sarebbe il rischio concreto di un default, spiegano gli economisti, perché, rispetto al 1998, c’è una riserva in dollari pari a circa 500 miliardi, ma c’è in corso una guerra delicatissima.
Gli speculatori stanno facendo affari d’oro in queste ore e stanno mettendo duramente sotto attacco il sistema russo. Dall’altra parte combatte la Banca Centrale, forte delle sue riserve e della leva sui tassi, operazioni già attivate senza risultati benefici a lungo termine. Sul futuro incideranno anche le scelte di Ue e Stati Uniti in merito alle revisioni delle sanzioni comminate. Anche perché la crisi russa si riflette sui mercati internazionali: il 15 dicembre le borse europee hanno bruciato 200 miliardi di euro, tra crisi russa e crollo del prezzo del petrolio, e segnando il nuovo minimo da fine ottobre.

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