L’origine della vita fa comprendere la morte - QdS

L’origine della vita fa comprendere la morte

Carlo Alberto Tregua

L’origine della vita fa comprendere la morte

giovedì 18 Dicembre 2014
C’è un bel quadro che Gustave Courbet (1819-1877) ha dipinto nel 1867. Esso è stato esposto al Musée d’Orsay di Parigi, sulla rive gauche, intitolato L’origine du monde.
Non è certo questo quadro che ha originato il mondo e la vita che in esso esiste. Ci deve essere stato un Creatore che ha realizzato tutto quello che esiste, ed io credo in esso non per fede ma per convincimento.
Gli uomini si affannano a scoprire il big bang, la scintilla dalla quale è nata la vita molti miliardi di anni fa. Una vita che è destinata a cessare, almeno così come noi la conosciamo, fra alcuni altri miliardi di anni.
Per ogni cosa c’è un ciclo che fa nascere e morire: è ineluttabile. Se solo riflettessimo sulla questione, ci accorgeremmo di quanto siano superficiali e stupidi tanti comportamenti di noi persone umane. Rincorriamo fatui obiettivi, cerchiamo di sentirci importanti, ci scambiamo complimenti autoreferenziali: tutti sintomi di una pochezza insita nella natura umana.

Nonostante il mistero della nascita della vita, l’Umanità deve tentare di decifrarne alcuni punti, riuscendovi poco e male. Il che dimostra come la mente umana abbia i limiti della propria natura. Tuttavia, può spaziare in lungo e in largo e può andare oltre tali limiti. Non sembri una contraddizione ove si pensa che essa può essere supportata da una volontà indomabile e dalla capacità di vedere lontano, ciò che altri non vedono. Chi è così viene denominato sognatore.
In fondo, quando si nasce, si comincia a morire. Non è una visione pessimistica, ma la fotografia della realtà, perché alla data in cui un essere umano apre gli occhi corrisponde la data in cui li chiuderà.
Proprio per questa evidente verità, bisogna prendere tutto il buono che c’è nell’arco di tempo, ricordandosi di rispettare in sommo grado il prossimo, di dare agli altri tutto quello che si può non solo materialmente ma, e soprattutto, con l’esempio di comportamenti saggi, prudenti e umili, unico modo per dare agli altri. Le parole non servono quasi a niente.
Solo avendo chiaro il quadro in cui c’è la nostra esistenza possiamo tentare di intuire cosa vi sia oltre la soglia della sua cessazione.
 

Papa Francesco ha finalmente smontato un mito: ha detto che il Paradiso non esiste, ma esso è uno stato mentale. Per conseguenza non esistono il Purgatorio e l’Inferno, rappresentazioni olografiche che si raccordano con la fisicità dei viventi. Ma quando il corpo cessa, lo Spirito non ha più né tempo né spazio, e quindi diventa energia che non ha alcun posto.
Padre Dante ha scritto la Commedia che Boccaccio, poi, ha denominato “Divina”. Si tratta di un’opera straordinaria, che solo un poeta geniale come lui poteva scrivere. Ma, nella sua immaginifica descrizione ha costruito luoghi fisici, quali Paradiso, Purgatorio e Inferno, nei quali accadono cose che certamente non esistono.
Così facendo, il Divin Poeta ha ingannato i lettori dell’epoca e quelli dei mille anni successivi, facendo credere come esistenti fatti e circostanze che erano solo nella sua mente. Ma tanti ci hanno creduto e si regolano come se i tre ambienti esistessero veramente.

Tentare di comprendere quanto precede, aiuta a distaccarsi dalle vicende di tutti i giorni, e ad avvicinarsi a quei valori immateriali che dovrebbero guidare il comportamento di ciascuno di noi. Solo che, per comportarsi in siffatto modo, dovremmo estrarre da noi stessi la parte migliore ed emarginare quella peggiore che, spesso, prende il sopravvento.
Quante beghe, quanti conflitti, quante guerre nascono e perdurano nel tempo per i difetti dell’uomo, elencati fra i peccati capitali. Se ognuno di noi, prima di agire, facesse l’esame di coscienza e avesse presente il rapporto fra la vita e la morte, forse non intraprenderebbe azioni nefaste per gli altri che hanno ricadute per sé stessi.
Queste considerazioni non sembrino un passatempo, ma vogliamo porre all’attenzione dei lettori uno scenario che spesso si dimentica o non si vuole guardare, mentre si è presi da misere vicende che potrebbero essere risolte o, addirittura, potrebbero non nascere.
Pensare alla morte valorizza la vita, che dobbiamo onorare ogni momento con i nostri comportamenti positivi  e non rinunciatari.

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