Non l’arte del possibile ma il dovere di decidere - QdS

Non l’arte del possibile ma il dovere di decidere

Carlo Alberto Tregua

Non l’arte del possibile ma il dovere di decidere

venerdì 19 Dicembre 2014

La Politica è etica o un imbroglio

I vecchi democristiani dell’era post guerra hanno fatto rinascere l’Italia dalle macerie. Per la verità tutti gli italiani avevano questa voglia di ricostruire il Paese: si sbracciarono, facendo sacrifici enormi e partì il boom economico.
Come sempre capita quando le cose vanno bene, arrivò la fase della mollezza che individuiamo intorno agli anni 80, una fase nella quale si affacciarono gli assatanati socialisti di Craxi, diametralmente opposti ai bravi socialisti di Nenni, che si associarono coi cattivi democristiani e con i piccoli partiti satelliti: cominciò Francia o Spagna purché se magna.
Assunzioni a go-go, appalti ai soliti privilegiati, corruzione estesa, ma ancora in sordina, finanziamento illegale ai partiti.
L’Italia arrivò sull’orlo del disastro, tanto che il governo Amato del ‘92 fu costretto a fare la più gravosa e sanguinante manovra del dopoguerra di ben novantaseimila miliardi, perfino con la sottrazione dai nostri conti bancari dello 0,6 per cento dell’ammontare esistente.
Quell’anno stesso arrivò Mani pulite che fece strage, giustamente, di una classe politica corrotta.

Allora dicevano che la politica è l’arte del possibile, una palese menzogna per giustificare gli accordi del caminetto e quelli che si facevano nelle segreterie dei partiti per dividersi danaro, nomine e quant’altro.
Arrivò la seconda Repubblica, che non è mai nata perché le cose continuarono ad andare come e peggio di prima. Governi di centro-destra e di centro-sinistra si sono succeduti per vent’anni senza tagliare le unghie ai privilegiati e facendo aumentare la spesa pubblica in quantità abnorme.
Cosicché, oggi, ci troviamo col debito sovrano di ben 2.157,5 miliardi (ultimo dato, ottobre 2014). Tale debito, nonostante i tassi bassi, ci costa oltre 80 miliardi l’anno di interessi.
No, la Politica non è l’arte del possibile, ma il dovere di decidere, di diffondere equità togliendo ai privilegiati e dando ai meno abbienti.
Tutto ciò non deve però costituire un’attività assistenziale, ma concretizzarsi nel creare opportunità cui tutti i cittadini possano accedere a parità di condizioni: una sana competizione fra persone che non sgomitano.
 

Quanto precede è avvenuto anche perché i sistemi elettorali non hanno mai certificato alla fine della tornata quale parte avesse vinto o quale avesse perso. Ma anche quando questa circostanza si è verificata, chi aveva vinto non cominciava a governare, ma cazzeggiava, per non scontentare nessuna delle categorie privilegiate che aspiravano risorse dalla Cosa pubblica come parassiti.
Nessuno ha alzato la voce per denunciare le porcherie che si sono fatte in questo ventennio, affidando il gravoso compito di scoprire la corruzione a quei valorosi magistrati che hanno sempre fatto il possibile, ma sono in numero ridotto rispetto al diffondersi della corruzione stessa.
Le istituzioni di tutti i livelli non hanno mai voluto creare al loro interno gli anticorpi. Fa specie, soprattutto nell’attuale era della digitalizzazione, constatare che nei siti degli enti pubblici non funzionano le aree di trasparenza ed il responsabile della stessa trasparenza, quando c’è, fa nulla o poco per aumentarne il tasso.

Altra grave omissione degli enti pubblici è non avere ancora creato una piattaforma degli appalti, collegata con l’Autorità anticorruzione (Anac). Se tutte le piattaforme fossero fra di loro collegate, si creerebbe un sistema di controllo sui prezzi dei beni e servizi aggiudicati che farebbe scoprire in tempo reale la corruzione e abbassare i prezzi.
C’è un secondo mezzo interno degli enti pubblici e consiste nella istituzione del Nucleo investigativo affari interni, con il compito di snidare i dipendenti corrotti e di allontanare le male bestie, i falsi imprenditori che vogliono acquisire le commesse fregando gli altri e pagando mazzette a destra e a manca.
i responsabili delle istituzioni hanno il dovere di decidere, per tagliare corruzione, privilegi, spesa inutile e per rimettere in condizioni efficienti gli enti da loro amministrati. Il tutto in funzione di un’equità generale che deve essere alla base degli atti di chi governa lo Stato, le Regioni, i Comuni.
Non sembri vano il richiamo ai valori, che distinguono le persone perbene e quelle permale.
La Politica è etica, oppure è un imbroglio. Meditate.

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