Esercizio provvisorio la Regione spende e spande - QdS

Esercizio provvisorio la Regione spende e spande

Carlo Alberto Tregua

Esercizio provvisorio la Regione spende e spande

martedì 23 Dicembre 2014

È arrivato il redde rationem

Da dieci anni scriviamo che i bilanci della Regione sono falsi, per esempio perché riportavano come cifra a pareggio un avanzo di amministrazione portato da crediti inesistenti. Ci è voluta la Corte dei Conti, con la sua benemerita azione, a certificare la falsità di questa voce, costringendo assessori al Bilancio e ragionieri generali a cancellarla in tutto o in parte.
E scriviamo da dieci anni come le spese correnti siano in gran parte clientelari, perché: pagano stipendi a dirigenti e dipendenti generali abnormi e molto superiori a quelli dei loro colleghi delle Regioni virtuose; pagano pensioni agli ex dirigenti e dipendenti regionali  sproporzionate ai contributi versati e ai periodi lavorativi (in alcuni casi anche con soli 20 anni di servizio); abusano di distacchi sindacali, consentendo a tanti dirigenti e dipendenti di ricevere lo stipendio senza neanche passare dagli uffici; abusano dell’applicazione della legge 104 (assistenza ai congiunti di ammalati).

L’elenco degli sprechi continua: pagamento di indennità a 50/60 mila persone che non lavorano, fra cui formatori, forestali, Pip, Asu, dipendenti della Resais Spa e della Sas Spa e via enumerando; acquisto di farmaci per 400 mln € l’anno in più di quelli riportati dalla media nazionale; sprechi nella sanità, ove il numero degli addetti amministrativi è abnorme, violando il principio che per ogni dieci dipendenti e dirigenti non più di due debbono stare dietro le scrivanie, mentre otto debbono fare il servizio sanitario; sprechi negli acquisti di beni e di servizi, acquistandoli a prezzi nettamente superiori al mercato, con la conseguenza che dietro i prezzi maggiorati si nasconde una estesa corruzione che serve a privilegiare alcuni fornitori corrotti rispetto a fornitori onesti, quindi anche violando il principio di concorrenza.
Da quando è arrivato il commissario-assessore, Alessandro Baccei, con la nomina a ragioniere generale di Salvatore Sammartano, le carte si sono scoperte, per cui il presidente della Regione è costretto ad ammettere, a denti stretti, che il bilancio presenta un buco di 3,6 mld €. Ma il buco è forse superiore. Per colmarlo non si devono indebitare i giovani con ulteriore mutuo.
 

E allora cosa fare? Tagliare tutte le spese di cui abbiamo fatto un elenco, ma questo non basta. Occorre ulteriormente tagliare la spesa corrente, per trovare le risorse assolutamente indispensabili a finanziare i fondi Ue del Po 2007/2013 e quelli del Po 2014/2020. Ci vogliono forse altri due miliardi.
Il bilancio 2015 dovrà essere rivoltato come un calzino, per rimettere in equilibrio i conti, non solo fra entrate e uscite, ma e soprattutto, fra spesa corrente e spesa per investimenti. Basta prendere il modello della Regione Lombardia, di quella Toscana o del Veneto per capire quali debbano essere i nuovi binari su cui impostare il bilancio 2015.
Sappiamo delle difficoltà di questa Giunta a portare un bilancio, così come indicato non da oggi dal QdS, difficoltà che si incontrerà nei consiglieri-deputati dell’Ars, almeno in quella parte di portatori di interessi clientelari.
Ma Crocetta non ha scelta. Dovrà presentare la sua bozza di bilancio 2015 e chiedere che venga votata così com’è, minacciando le sue dimissioni in caso contrario e, quindi, mandando a casa tutti quelli che, insensibili ai gravissimi problemi dei siciliani, vogliono continuare a mantenere i privilegi.

Di fronte a questo scenario, cosa fanno Crocetta e Ars? Non trovano di meglio che approvare l’esercizio provvisorio fino al 30 aprile 2015. Questo provvedimento legislativo comporterà una gravissima conseguenza: la spesa dei primi quattro mesi potrà essere effettuata in base al bilancio 2014, per dodicesimi mensili. Questo significa che sarà superiore alle effettive possibilità della Regione e a non utile a riqualificare la spesa, tagliando quella superflua e indirizzandone la maggior parte verso gli investimenti.
Il cappio si stringe al collo della Regione. Pensare di allentarlo con le parole è utopia. Il redde rationem è arrivato. Nessuno può sfuggire alla realtà che sta facendo impoverire ulteriormente la Sicilia, creando disastri nella classe media e in quella più debole dei meno abbienti. Occorre, subito, un colpo di reni.

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