Corte europea: precari a casa - QdS

Corte europea: precari a casa

Carlo Alberto Tregua

Corte europea: precari a casa

venerdì 09 Gennaio 2015

I giornali falsano la sentenza

La terza sezione della Corte di giustizia europea con sede in Lussemburgo, ha sancito il principio che la norma va interpretata nel senso che le amministrazioni pubbliche debbano definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo dei contratti a tempo determinato risponda effettivamente ad una esigenza reale.
La Corte conferma che in ogni caso questa ipotesi è subordinata e in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo nelle scuole statali.
I quotidiani, non si capisce in base a quale competenza, hanno pubblicato esattamente il contrario di quanto prevede la sentenza citata, e cioè che i precari debbano essere assunti a tempo indeterminato, sottintendendo che le assunzioni non passino tassativamente per i concorsi pubblici di cui all’articolo 97 della Costituzione italiana. La questione dei precari nella scuola ha dato luogo a tante discriminazioni. è noto come nelle scuole private vi siano anomalie laddove tanti cittadini chiedono di insegnare, non tanto per lo stipendio, quanto per racimolare punti necessari ad essere inseriti nelle graduatorie. 

Il comportamento dei diversi governi, in questi ultimi 10 anni, è stato apparentemente incomprensibile, ma sostanzialmente clientelare. Infatti, anziché bandire i concorsi per assegnare i posti in organico, hanno continuato a coprire le vacanze con nomine a tempo determinato annuali o fino a giugno dell’anno successivo. Con ciò illudendo tante persone e impedendo a tante altre, che hanno capacità e conoscenze, di misurarsi ad armi pari nell’ambito dei concorsi.
Sono state bandite procedure per l’abilitazione creando graduatorie di diverso tipo; ma le stesse sono divenute un ripiego rispetto alla strada principale che è quella dei concorsi. Infatti, chi si abilita non ha la stessa abilità di chi ha vinto un concorso a cattedre.
Lo sa bene chi scrive perché, nel lontano 1973, partecipò ad uno di essi in cui gli iscritti inizialmente erano oltre 200, ma i vincitori furono solo 13, me compreso. Una dura selezione che ha visto solo il 7% approdare al risultato positivo. Ecco la validità dei concorsi, senza dei quali molti asini sono diventati insegnanti.
 

La questione dei precari non riguarda solo il comparto della scuola, insegnanti e personale Ata, ma tutta quella pletora di impiegati delle pubbliche amministrazioni meridionali, decine e decine di migliaia, che pressano per occupare una qualunque scrivania indipendentemente da ciò che va fatto.
Qualcuno sostiene che il precariato meridionale è un ammortizzatore sociale e che, in sostanza, equivale alla cassa integrazione, molto diffusa in periodo di crisi nelle aziende del Nord. Chi sostiene questa tesi è in malafede o ignorante, per alcuni motivi.
Infatti, chi va in cassa integrazione percepisce 6/800 euro al mese, i precari ne percepiscono almeno il doppio. Chi è in cassa integrazione non occupa spazi, quindi non fa sostenere costi addizionali; i precari occupano spazi e quindi spese addizionali di affitto, condominio, luce, pulizie e di tutto ciò che ruota intorno agli occupanti i luoghi. Ancora, i cassintegrati ritornano al lavoro produttivo, i precari continuano in un lavoro inutile. 

Ma c’è una questione di equità più generale. Se è vero che i precari vengono pagati come ammortizzatori sociali, perché non vengono pagati allo stesso titolo i milioni di disoccupati? Che differenza c’è tra i primi e i secondi?
Sotto il profilo dell’equità sociale una differenza c’è: i primi sono stati assunti col metodo clientelare, per raccomandazione, i secondi non hanno avuto santi in paradiso. Dal che ne deriva che istituzioni nazionali, regionali e locali oneste dovrebbero mettere insieme precari e disoccupati, entrambi inutili alla produzione dei servizi, e dar loro un assegno di sussistenza di 500 euro al mese. A tutti o a nessuno.
Dunque, la Corte europea ha sancito il principio, ulteriormente, che i precari debbano andare a casa e che nelle pubbliche amministrazioni si entra solo per concorso. Ma si entra quando le piante organiche saranno rivedute in base al Piano aziendale di ogni amministrazione, il quale stabilisce tassativamente l’indispensabilità dei posti in organico per tipologia e quantità.
È ora che la Pa diventi seria, funzionante e professionale!

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