La politica è servizio non un posto di lavoro - QdS

La politica è servizio non un posto di lavoro

Carlo Alberto Tregua

La politica è servizio non un posto di lavoro

mercoledì 14 Gennaio 2015

Consiglieri senzamestiere a casa

La degenerazione della bassa politica clientelare che c’è stata (e c’è) in Italia ha fatto ridurre quest’attività a un’azione mercenaria, secondo la quale il cambio di casacca è diventato usuale e molti nullafacenti cercano di essere eletti non per uno scopo nobile, ma per conquistarsi un posto di lavoro. Dal che ne consegue la corruzione di gente senza etica e senza riferimento ai nobili valori che dovrebbero  guidare l’Alta Politica.
Consiglieri-deputati regionali che continuano a percepire 20mila euro al mese lordi e omnicomprensivi da un’Assemblea che spende 155 milioni l’anno contro i 63 della Lombardia. Consiglieri dei 390 Comuni della Sicilia che percepiscono indennità e gettoni di presenza, come se stessero facendo un lavoro produttivo.
La Legge Berlusconi (191/2009) ha ridotto in tutta Italia il numero dei consiglieri comunali e le loro indennità di oltre un terzo. Ma l’assessore regionale dell’epoca, Caterina Chinnici, con propria circolare 1/2011, dichiarò non applicabile in Sicilia tale legge, nascondendosi dietro lo scudo dell’Autonomia, uno scudo che ha protetto e continua a proteggere i privilegiati, con uno spreco di 140 milioni.

Non è accettabile più che consiglieri delle città metropolitane siciliane percepiscano, a vario titolo, importi lordi superiori a 2,5 mila euro al mese, un dignitoso stipendio di un quadro privato. Non è più possibile che un consigliere comunale venga stipendiato per svolgere un’attività di servizio ai cittadini che lo hanno eletto, servizio che per la sua stessa natura dev’essere gratuito.
Che faccia di bronzo, questi consiglieri comunali, che parlano in nome dei cittadini, spesso a sproposito, che indicano la libertà, il dovere di attivarsi perché la Comunità migliori il suo standard, che sbandierano ai quattro venti i bisogni di tanti cittadini, ma poi portano a casa, vergognosamente ed egoisticamente, un ricco emolumento.
Quando la politica è servizio si fa fuori dall’orario del proprio lavoro, da cui ognuno ottiene quanto necessario ai bisogni propri e della propria famiglia. Si fa di sera o di notte, anche con sacrificio. Nessuno obbliga un cittadino a fare il consigliere comunale.
 

Ma quando quest’attività ha scopo di lucro, cadono gli ideali che dovrebbero sorreggerla. E cade verticalmente la credibilità di ognuno di essi. Un consigliere comunale, quando è pagato (profumatamente) dai cittadini non ha più la libertà di agire secondo coscienza, perché diventa né più né meno che un dipendente, mentre chi fa politica a livello delle amministrazioni locali non può soggiacere a vincoli materiali, se vuole essere credibile.
In altri termini, chi percepisce uno stipendio, mascherato da indennità, è obbligato nei confronti del proprio datore di lavoro e non può, quindi, perseguire l’interesse generale, sempre superiore a quello privato ed individuale.
Ecco perché molte iniziative destano l’immediato sospetto di coprire interessi di parte e non per i nobili scopi della politica.
Qualcuno sostiene che la politica è l’arte del possibile. Si tratta di una spudorata menzogna. La politica comporta il dovere della conoscenza e dell’informazione e, quindi, della decisione e dell’azione, assumendo tutte le conseguenti responsabilità.

Invitiamo il nuovo assessore regionale alle Autonomie locali, poltrona rimasta vuota dopo le dimissioni di Marcella Castronovo, ad emettere una circolare con la quale annulli quella citata prima e dichiari validamente e immediatamente applicabile la Legge Berlusconi, prima richiamata, anche in Sicilia. Con questo atto, si risparmieranno cifre rilevanti che costituiscono un vero e proprio spreco a carico dei bilanci comunali.
Intendiamoci, non è che tutti i consiglieri comunali siano egoisti e mangiasoldi. Tra loro vi è una maggioranza di persone per bene che farebbero volentieri quello che stanno facendo, senza percepire alcuna indennità. A costoro, i cittadini devono essere grati, mentre vanno additati all’opinione pubblica tutti gli altri che continuano a considerare lo scranno del Consiglio come un posto di lavoro.
Basta parassiti, occorre ancora una volta distinguere le persone che svolgono un vero servizio dagli approfittatori, che pescano nel torbido e che non danno conto neanche alla propria coscienza.

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