Riscossione Sicilia, stavolta è l’esattore a trovarsi in bilico - QdS

Riscossione Sicilia, stavolta è l’esattore a trovarsi in bilico

Rosario Battiato

Riscossione Sicilia, stavolta è l’esattore a trovarsi in bilico

venerdì 23 Gennaio 2015

Difficoltà di risanare un deficit strutturale compreso tra 10 e 15 milioni, che va avanti dal 2008. Cda dimesso a dicembre, Antonio Fiumefreddo nominato a guida della società

PALERMO – Riscossione Sicilia, l’esattore delle tasse degli isolani, è dal 31 dicembre senza consiglio di amministrazione ed è ancora in attesa che si insedino i nuovi designati alla guida della società regionale che vedrà a capo Antonio Fiumefreddo, coadiuvato da Eustachio Cilea, revisore dei conti della Seus e dalla dirigente regionale Ina Palagonia. Considerando lo stato particolarmente complesso in cui si trova l’alter ego siciliano di Equitalia, l’operazione si preannuncia complessa, anche perché c’è sottesa una delicata battaglia politica.
Stando così le cose l’impresa si preannuncia più che “titanica”, per citare le parole dell’avvocato catanese che prenderà la redini della società. A fare il quadro dello stato di salute della società che gestisce la riscossione dei tributi e delle altre entrate in Sicilia, partecipata dalla Regione (99,8%) e da Equitalia (0,1%), ci hanno pensato i sindacati. A evidenziare le ben note criticità c’è un deficit strutturale che dura dal 2008 e che vale tra 10 e 15 milioni di euro. Negli ultimi due anni ha collezionato debiti per circa 50 milioni di euro, ma vanta crediti per circa 80 milioni nei confronti di Regione, Inps, Inail e Agenzia dell’Entrate. Poco meno di un anno fa, il governo ha versato 40 milioni di euro nelle casse di Riscossione Sicilia, ma le somme sono servite solo a pagare i debiti contratti al 2012.
Il dibattito, tuttavia, è molto più variegato perché abbraccia anche la questione personale. Riscossione Sicilia, almeno secondo i sindacati, svolge performance analoghe a quelle che Equitalia svolge nelle altre Regioni del Sud, ma servono investimenti, perché il rischio è lo stop delle attività, che in media ogni mese fa affluire nelle casse della Regione circa 30 milioni di euro. In ballo ci sono anche 701 lavoratori che già da due anni percepiscono, denunciano i sindacati, il 20% in meno dello stipendio. Inoltre dal 2008 ad oggi, ha dichiarato Pietro Di Quarto della Fiba Cisl, il personale è diminuito, infatti “trecento persone sono andate in prepensionamento”.
La partita è delicata e si gioca tutta sul piano di riforma delle aziende partecipate a cui sta lavorando l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei. E qui sembrano esserci due posizioni divergenti. L’assessore vorrebbe chiudere con Riscossione Sicilia, che non rientrerebbe nel piano delle aziende da salvare. La società, nei piani di Baccei, verrebbe sostituita, come già avviene nel resto del Sud, da Equitalia. Dall’altra parte c’è un Crocetta determinato a portare avanti una società che comunque garantisce diversi posti di sottogoverno, una posizione rinvigorita dalla nomina di Fiumefreddo di metà gennaio.
La prossima settimana se ne discuterà all’Ars, quando le organizzazioni dei lavoratori incontreranno i deputati della commissione Bilancio. Il nodo è sempre quello dei crediti vantati dalla Regione. “Se la Regione – ha spiegato Massimo Caseri della Fisac Cgil – ha le risorse le metta a disposizione della società, altrimenti molli. Stiamo morendo di crediti”. Per il segretario regionale della Uilca Uil Enrico Pellegrino “risparmio senza investimenti porterà al collasso”.
La cura dimagrante per le partecipate è un tema caldo: la richiesta era giunta l’estate scorsa dall’ex commissario per la spending review, Carlo Cottarelli. La Regione, stando alle indiscrezioni del piano Baccei, dovrebbe tagliarne almeno 23 delle attuali 34.

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