Non cercare il lavoro bisogna inventarselo - QdS

Non cercare il lavoro bisogna inventarselo

Carlo Alberto Tregua

Non cercare il lavoro bisogna inventarselo

venerdì 30 Gennaio 2015

Capire il mercato per conquistarlo

Nell’inchiesta odierna mettiamo il dito nella piaga: la scomparsa dei mestieri che sono stati la spina dorsale del lavoro italiano e ancor di più di quello siciliano. La conseguenza deriva anche dalla continua rincorsa al lavoro dipendente, quasi facendo capire che quello autonomo sia di livello sociale inferiore.
Abbiamo più volte sottolineato come i titolari di partita Iva, piccoli artigiani e imprenditori, abbiano sofferto la settennale recessione che li ha colpiti molto di più dei dipendenti privati che, in qualche modo, sono stati tutelati da cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga), da prepensionamenti e da uscite dal lavoro agevolate con congrui pagamenti di indennità.
Non parliamo dei dipendenti e dirigenti pubblici, che non si sono neanche accorti della crisi, perché hanno sempre percepito i loro emolumenti con puntualità, anche se hanno avuto la tracotanza di reclamare gli aumenti quando gli altri retrocedevano, drammaticamente.

La ricerca del posto anziché del lavoro è un comportamento mentale perdente e mammista. Non è più accettabile che ci si accontenti di qualunque cosa pur di sbarcare il lunario, atteggiamento però rispettabile perché i bisogni primari devono comunque essere soddisfatti.
Nel mondo dell’innovazione e delle start up vi è la voglia di tanti giovani di crearsi il lavoro, non di cercarselo. Questa è la mentalità vincente che dovrebbe essere estesa a tutti i siciliani giovani e meno giovani, i quali dovrebbero smetterla di piangersi addosso, guardare quello che accade nel mondo e prendere iniziative che possono essere attuate qui in Sicilia, perché la rete digitale ormai mette in contatto tutti con tutti.
Certo, abbiamo una forte carenza infrastrutturale perché ci mancano la banda larga e ultralarga. La connettività con i vecchi cavi di rame è ridotta, insufficiente ed asfittica. Per questo sarebbe necessario mettere in atto un programma infrastrutturale che consentisse una rete di prese cui collegare le spine di chi voglia attivare nuove iniziative.
Se si continua con i piagnistei, se si continua a sperare che altri attivino imprese e ognuno di noi, invece, continua a restare con la  mano tesa, il processo di crescita che si sta innestando sarà ignorato.
 

La mentalità perdente di chi continua a chiedere un lavoro va ribaltata. Ognuno deve avere la forza mentale di trovare un modo per essere autosufficiente.
Ovviamente le istituzioni regionali e locali devono aiutare questo ribaltamento di mentalità, non intervenendo direttamente nei processi economici, ma creando le condizioni per promuoverli. Così facendo ogni cittadino deve avere le stesse opportunità di partenza, in un quadro di competizione corretta, nel quale non abbiano prevalenza privilegiati e raccomandati.
Il che significa una lotta feroce contro la cultura del favoritismo e contro la corruzione. Il voto di scambio è corruzione, la raccomandazione è corruzione, gli appalti truccati viaggiano sulla corruzione, i fascicoli fermi sui tavoli dei burocrati nascondono corruzione, l’intervento fuori posto di politicanti senza mestiere alimenta la corruzione.
La corruzione si combatte con la trasparenza. Quando tutti i fascicoli sono tracciati e tracciabili, quando tutti i compensi, di ogni genere e tipo, sono sui siti, è più difficile prendere e dare mazzette, è più difficile fare prevalere i corrotti sulle persone oneste.

Dunque, il lavoro si crea guardando al mercato e ai suoi bisogni. Anche quei bisogni che non si manifestano immediatamente. Chi ha inventato il Pony express (nel lontano 1860) ha intuito molto prima degli altri che quel bisogno esisteva. Bill Gates, Steve Jobs, Mark Zuckerberg e altri hanno capito i bisogni del mercato. Ma vi sono migliaia e migliaia di persone che con la loro testa sono proiettati nel futuro e creano lavoro, s’inventano prodotti e servizi, s’innestano col mercato attuale e con quello futuro.
Sarebbe inoltre auspicabile un forte ritorno ai mestieri. Fra i sarti, per esempio, ve ne sono molti che hanno raggiunto la celebrità nazionale ed internazionale. Nei loro atellier c’è la fila.
Anche fra gli altri mestieri vi deve essere un ritorno in massa. Ma occorre che il quadro delle norme e quello burocratico li aiuti a svilupparsi e cessi di vessarli con tasse inique e adempimenti gravosissimi.
La ripresa è cominciata. Bisogna afferrarla. Ora!

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