Corruzione, Expo, Mose, Mafia Capitale - QdS

Corruzione, Expo, Mose, Mafia Capitale

Carlo Alberto Tregua

Corruzione, Expo, Mose, Mafia Capitale

giovedì 05 Febbraio 2015

Politici e burocrati senza etica

La lotta alla corruzione, estesa e generalizzata nella Pubblica amministrazione, è diventata più importante per dimensione rispetto alla lotta alla criminalità organizzata.
Infatti, le Forze dell’ordine hanno una grande banca dati sulle strutture e sulle organizzazioni mafiose. Inoltre, con la possibilità di accedere ai conti e ai fascicoli bancari, la via del denaro costituisce una traccia precisa per capire tutti gli spostamenti ed i meccanismi.
Qualcuno obietterà che la criminalità organizzata non utilizza le banche, ma fa circolare le mazzette di denaro alimentando in questo modo quel circuito in nero che costituisce un buco senza fondo, unico al mondo (forse) nelle nazioni a sviluppo avanzato.
Se le mafie continuano a prosperare, accade perché una parte delle imprese che assumono appalti di beni e servizi utilizzano la corruzione per avvantaggiarsi rispetto all’altra maggior parte delle imprese che agisce limpidamente, ma che viene danneggiata da quelle corrotte.

Vi sono altri due ceti che, direttamente o indirettamente, favoriscono le mafie: quello politico di bassa lega e l’altro burocratico di altrettanta bassa lega. I politici senza etica si finanziano partecipando al banchetto nel quale la materia prima sono le mazzette. I burocrati, soprattutto i dirigenti disonesti, tengono il sacco per arricchire le proprie tasche.
Le infiltrazioni mafiose nel mondo degli affari non riguardano solo gli appalti, bensì tutte le altre attività, dalla grande distribuzione ai piccoli esercizi che servono per imbiancare le risorse finanziarie, ovvero per trasformare il nero in danaro ufficiale.
Il meccanismo è noto. Si tratta di individuarlo con quel sistema di prove, fra cui le benemerite intercettazioni ambientali che consentono di identificare i soggetti dediti al malaffare.
Nel settore dei lavori pubblici, spesso vi è un’anomalia consistente nel fatto che il progettista di un’opera è anche il direttore dei lavori. Però, questa anomalia è in via di esaurimento.
La lotta alla corruzione è stata inserita nella legge 190 del 2012 con la quale si obbligano tutte le pubbliche amministrazioni, di qualunque livello, ad inviare all’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) una relazione sull’attività anticorruzione entro il 31 dicembre di ogni anno.
 

La legge stabilisce ancora che gli enti pubblici di qualunque livello debbano nominare un responsabile della trasparenza e uno che operi contro la corruzione eventualmente annidata nell’ente. In molti casi le due figure coincidono nella stessa persona, come nei Comuni ove di solito il responsabile è il segretario generale.
Dunque, gli strumenti per combattere la corruzione ci sono, ma vengono usati in maniera formale e senza continuità. Vorremmo chiedere se i segretari generali dei Comuni procedono ad attivare inchieste interne per andare a snidare il malaffare ovunque si trovi. Vorremmo chiedere al dg della Regione, Luciana Giammanco, se ha provveduto, nel corso degli anni 2013 e 2014, ad attivare altrettante inchieste interne, per scoprire i dipendenti infedeli che violano la legge per arricchirsi. Vorremmo chiedere al segretario generale dell’Ars quale siano state le sue iniziative analoghe.

Le inchieste interne che ogni responsabile anticorruzione dovrebbe aprire riguardarebbero le inefficienze, dietro cui si nasconde la corruzione.
Quando un burocrate o un dirigente non fa circolare i procedimenti, per arrivare nel tempo più breve all’emissione o alla negazione dei provvedimenti richiesti, il sospetto di questo comportamento nasce spontaneo.
Perché non adempiono al proprio dovere che è quello di evadere con la massima rapidità le richieste di cittadini e di imprese? Forse aspettano la telefonata che chieda il favore in modo che si possano accreditare?
O forse hanno dimenticato i precetti costituzionali secondo cui ogni dipendente pubblico ha il dovere di adempiere alle funzioni con disciplina e onore (art. 54 della Costituzione). O forse hanno dimenticato che i pubblici uffici sono organizzati (…) in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97).
Tre casi clamorosi di corruzione hanno colpito il nostro Paese: il Mose, l’Expo e, per ultimo, Roma Capitale. Ma ve ne sono centinaia, forse migliaia, che non vengono alla ribalta dell’opinione pubblica. è perciò indispensabile creare gli anticorpi che agiscano all’interno di ogni ente.

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