Sicilia, la regione più povera d’Italia - QdS

Sicilia, la regione più povera d’Italia

Serena Giovanna Grasso

Sicilia, la regione più povera d’Italia

mercoledì 18 Febbraio 2015

Cna: al di qua dello Stretto a rischio indigenza il 55,3% dei cittadini, si staccano dai 7 agli 11 punti percentuali le altre realtà meridionali. Nelle Isole in 750 milla hanno fatto ricorso al programma europeo di distribuzioni alimentari, al Nord un milione

PALERMO – Oggi la povertà è quel morbo che attacca il vicino della porta accanto, non più esclusivamente il malessere di cui ci siamo sempre accorti, quello vissuto ad esempio dai senza tetto. Allo stato attuale dei fatti, vivono in una situazione di indigenza anche coloro i quali una casa ce l’hanno, ma non riescono a sopportare le spese di climatizzazione (in questo caso si parla di disagio abitativo), chi ha difficoltà a sottoporsi ad esami di prevenzione, a trattamenti di cure o più semplicemente non riesce ad acquistare i farmaci. Ed ancora, chi non riesce a far fronte alle spese impreviste e chi non riesce a garantire per sé e per la propria famiglia l’accesso al paniere minimo di sussistenza.
L’Istituto nazionale di statistica ha fissato in 9.456 euro la soglia di povertà per il 2013; dunque, vengono considerate povere tutte quelle famiglie che vivono con un reddito inferiore a quello sopra citato. Se è vero a 0livello nazionale, ed in parte anche europeo, quanto fin’ora affermato ovvero che l’indigenza si cela dietro volti che nemmeno ci aspetteremo, tanto più confermiamo questa prospettiva in Sicilia. Infatti, secondo lo studio del Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), nell’Isola il disagio economico interessa oltre la metà della popolazione: per la precisione, il rischio di povertà affligge il 55,3% dei cittadini siciliani.
In tutta Italia, non c’è un singolo pezzetto di terra su cui si abbatta un’incidenza di poveri più alta di quella presente nella nostra regione. Si avvicinano parecchio altre realtà meridionali, ma mai in termini tanto negativi: parliamo ad esempio della Basilicata (49,2%), della Campania (49%), della Calabria (44,9%) del Molise (44,8%) e della Puglia (43,3%). Tutto ciò mentre noi siciliani continuiamo a detenere questo tanto indiscusso quanto scomodo triste primato. Neppure nelle povere realtà dell’Europa orientale si vivono situazioni simili: prendiamo ad esempio la Bulgaria, ossia lo Stato più povero di tutto il Continente europeo, che con il suo rischio di povertà pari al 48% anticipa di oltre sette punti percentuali la situazione siciliana.
A conferma di quanto assunto in questa sede, citiamo una serie di dati. Partiamo dalla spesa farmaceutica: secondo quanto affermato dal Banco farmaceutico in Sicilia è minima la distanza che separa l’importo speso in medicine dalle famiglie povere rispetto alle non povere. Nello specifico, in Sicilia la spesa media sanitaria delle famiglie non povere ammonta a 65,93 euro al mese contro i 14,14 euro delle famiglie povere, per un gap famiglie povere/non povere pari a 51,79 euro. Provando a confrontare i nostri valori con quelli del Veneto, regione di per sé con alti redditi, rileviamo come la spesa delle famiglie non povere doppia quella siciliana (137,60 euro), quasi allo stesso modo si comporta quella delle famiglie povere (24,94 euro), ottenendo così un gap pari a 112,67 euro, tra i più alti in Italia.
Un ulteriore ed importante indicatore che permette di misurare il grado di indigenza attiene alla povertà alimentare. Secondo la Caritas, nel 2013 in 750 mila tra siciliani e sardi hanno beneficiato del Pead (Program for european aid to the deprived), il programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti. Si tratta di una quota fin troppo consistente se si tiene in conto che stiamo parlando solo di due regioni, quota che si avvicina spaventosamente all’oltre un milione del Nord, circoscrizione territoriale che comprende otto regioni.
Quasi come una ciliegina sulla torta arriva anche il dato che riguarda le perdite subìte dal Mezzogiorno in termini di popolazione, ovvero di potenziali risorse, in particolar modo le più dotate, determinate dalla negativa congiuntura economica che in sé include anche la bassa redditività dell’attività imprenditoriale: si pensi che al Sud e nelle Isole il reddito medio di una famiglia in cui il principale percettore di reddito è un lavoratore autonomo è pari in media a 27.546 euro, più basso di circa 36 punti percentuali rispetto a quello conseguito nella media delle regioni settentrionali, dove arriva a 43.272 euro. Per non parlare poi delle oltre 43 mila unità di popolazione che hanno lasciato il Mezzogiorno, forse per sempre, in favore dell’Italia Centro-Settentrionale.
 

 
In tutta Italia 17,3 mln di poveri, di cui 2,2 mln dal 2008
 
Badando stavolta ad un prospetto nazionale, rileviamo come la folta schiera di cittadini sull’orlo della povertà sia pari a 17,3 milioni, di questi 2,2 milioni di nuove entrate nello stato di indigenza si devono a partire dal 2008, fatidico anno di ingresso nella crisi. Si tratta del dato più elevato d’Europa, supera abbastanza ampiamente anche quelli inerenti a Stati con popolazioni numericamente simili alla nostra o anche superiori, ricordiamo che noi contiamo circa 61 milioni di abitanti. Prendiamo ad esempio la Germania con i suoi 79,9 milioni di abitanti (quasi 19 milioni in più del Belpaese) o la Francia con i suoi 62 milioni che contano rispettivamente 16,2 milioni e 11,2 milioni di cittadini che vivono in condizioni fortemente disagiate. In termini percentuali, quindi, il 28,4% della popolazione italiana versa in stato di forte difficoltà economica. Tra i Paesi dell’area euro la povertà “morde” di più solo in Grecia dove i poveri e i quasi-poveri sono il 35,7% della popolazione complessiva. A contribuire pesantemente alla determinazione di un tale torbido quadro della situazione italiana è quasi esclusivamente la realtà meridionale, infatti dai dati relativi al Settentrione si rileva un prospetto assimilabile ai grandi Paesi europei.

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