Bisacquino, borgo di origine araba dimora di illustri famiglie nobili - QdS

Bisacquino, borgo di origine araba dimora di illustri famiglie nobili

Annalisa Di Stefano

Bisacquino, borgo di origine araba dimora di illustri famiglie nobili

giovedì 19 Febbraio 2015

Di impronta islamica è anche la conformazione urbanistica del nucleo più antico

Non sono pochi i comuni siciliani che debbono l’origine e il toponimo agli Arabi. Uno di questi è Bisacquino, un piccolo centro della provincia di Palermo, il cui nucleo originario fu fondato dagli Arabi attorno all’anno 840, col nome di Bisaqua o di Busak che, a seconda delle diverse interpretazioni, significherebbe “abbondante d’acqua”, per indicare la ricchezza di sorgenti del luogo, o “padre del coltello”, per evidenziare la produzione locale di coltelli realizzati con l’impiego di corna di capre. Di impronta islamica è la conformazione urbanistica del nucleo più antico del paese, con le strade strette e tortuose, i cortili, i vicoli, gli archi e le fontane.
Agli Arabi si deve anche la costruzione di un castello nel feudo che fu di un tal Goffridus Battalarius o Goffredo de Battallerio, sulla sommità di una collina, dalla quale dominava e controllava i casali presenti sul territorio. Le prime testimonianze storiche sulla fortezza di Battellaro sono riportate da Idrisi che nel 1154 così scriveva: «Battalari, castello [hisn] primitivo, [unisce] all’antichità della costruzione, bellezza e validità alla difesa». La costruzione ha subìto numerose trasformazioni che nel tempo le hanno fatto assumere le sembianze di una masseria. Il territorio divenne poi dominio feudale dei Normanni e fu ceduto da Guglielmo II di Sicilia all’Arcivescovado di Monreale, che lo mantenne sino al 1812, e il paese cambiò nome in Busachinum, da cui Busacchinu, come ancora oggi è chiamato nel dialetto locale.
Il periodo di maggior splendore di Bisacquino fu ai tempi del dominio degli Spagnoli, nel XVI secolo, quando nei diplomi veniva indicato con l’appellativo di “Nobilis Universitas”. Il borgo venne scelto come dimora da illustri famiglie e si arricchì di conventi e di chiese, in numero di sedici, una per ogni quartiere, alcune delle quali si caratterizzano per i loro bei campanili. Tra questi risalta quello della chiesa di San Francesco di Assisi, a base triangolare e rivestito in sommità con maioliche a tinte policrome.
La chiesa Madre, dedicata a S. Giovanni Battista, è di epoca più tarda, anche se è stata realizzata su una chiesa preesistente di cui conserva testimonianza nella torre campanaria. All’interno è decorata con stucchi di scuola serpottiana, cappelle, tele e sculture lignee tra cui quelle raffiguranti San Giuseppe e Santa Rosalia, protettrice del paese. Ma l’opera artistica più rilevante è la vara in legno dorato, realizzata nel 1792 da Giuseppe Bellacera, adorna di sculture e a forma di tempietto classico, portata in processione a maggio per la festa del Crocifisso.
Al XVII secolo risale invece la realizzazione di un santuario intitolato a Maria SS. del Balzo, patrona del paese, nel luogo in cui si manifestarono alcuni eventi miracolosi e venne ritrovata una sacra immagine. Si racconta infatti che nel Seicento un giovane che si trovava sul monte Triona vide spuntare dalla cavità di una rupe un’immagine della Vergine e che, in un impeto di rabbia, le scagliò una pietra contro. Fu così che dalla fronte della Madonna cominciò a fuoriuscire del sangue e il ragazzo cadde a terra morto. Sul luogo quindi si recarono la madre e gli abitanti del paese, per invocare il perdono alla Madonna e chiedere la grazia per il giovane, che per miracolo ritornò in vita.

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