In Italia i temi ambientali soffrono la scarsa conoscenza - QdS

In Italia i temi ambientali soffrono la scarsa conoscenza

Valerio Barghini

In Italia i temi ambientali soffrono la scarsa conoscenza

venerdì 27 Febbraio 2015

Convegno organizzato da FareAmbiente a Roma. Accordo unanime: diffondere educazione e cultura. Dare importanza al valore, non al settore: così si forma una vera coscienza civica

ROMA – Il sostantivo più usato è stato “educazione”. In particolare, all’ambiente. Perché “l’educazione porta alla conoscenza e la conoscenza porta a fare delle giuste scelte”. Sono alcune dei pensieri espressi dal professor Vincenzo Pepe, presidente nazionale del movimento ecologista europeo FareAmbiente, durante il convegno tenutosi martedì a Roma nella suggestiva cornice della Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, Camera dei Deputati, dal titolo Nuove strategie e tecnologie per la produzione di energia, moderato dalla giornalista dell’Ansa Elisabetta Guidobaldi, esperta di tematiche ambientali.
 
Una mattinata durante la quale si sono alternati al microfono politici, tecnici ed esponenti del mondo accademico per sancire unanimemente l’importanza, appunto, a che tra i cittadini si diffonda la “cultura dell’ambiente”, tanto che, ha proseguito Pepe, “sarebbe giusto introdurre l’educazione ambientale come materia di studio fin dalle elementari”. L’associazione, dal canto suo, farà la sua parte, con il progetto (annunciato da un altro socio fondatore, l’imprenditore Antonino Caltagirone) denominato “FareAmbiente Academy”.
L’ambiente e la sua tutela, dunque, non come “settore” ma come “valore”. A rimarcarlo, il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, che ha pure affermato che il dicastero di via Arenula presterà la “massima cura” alla gestione energetica degli edifici di proprietà, tribunali o case di reclusione, coniugando costi con investimenti. “Perché ambiente significa tutte queste cose – ha concluso Ferri -: salute, educazione, rispetto ma anche investimenti ed energia”. Una voce che richiede, sono le parole dell’onorevole Paolo Russo, esponente della commissione Agricoltura della Camera dei deputati, “la redazione di un bilancio e di un piano energetico, imposta dallo Stato ai Comuni”.
Un’importanza a livello nazionale sottolineata anche dall’onorevole Sabrina Capozzolo (commissione Finanze della Camera), che ha chiuso i lavori del convegno.
Dopo l’intervento del senatore del Gruppo Misto Bartolomeo Pepe, che ha rimarcato come la salute, in tema ambientale, sia un aspetto importante (“Se consideriamo il solo costo senza contare la voce salute rischiamo di fare danni incalcolabili”), a prendere la parola i “tecnici”: Luca Marchisio di Enel (partner nell’organizzazione del convegno, ndr), Carlo Bagnasco (ceo di Energetic Source Spa), Stefano Tosi (Terna) e Marco Pezzaglia (Consorzio italiano biogas). Tutti hanno sottolineato l’importanza del fattore cultura in campo ambientale ed energetico, ponendo l’accento sulla necessità di un’adeguata “programmazione”.
Ovviamente non bisogna sottovalutare quanto di buono, ad oggi, è stato fatto: basti pensare all’impatto (anche in termini di domanda) che ha, ad esempio, la sostituzione nelle nostre case di una semplice lampadina a fluorescenza con una al led. O, ancora, il rimpiazzo di un elettrodomestico, quando si guasta, con uno uguale ma a più basso consumo.
Tuttavia gli interventi hanno evidenziato quanto molto altro ci sia da fare. Pure nel campo delle energie rinnovabili, dove l’Italia ha perso diversi “treni”, mancando di creare una filiera nostrana e un adeguato sistema di accumuli di energia. O nel settore dei biocombustibili, dove però qualche passo in avanti in più è stato fatto.
Perché una buona “programmazione” (coadiuvata da una buona “educazione ambientale ed energetica”) influenza le scelte per il futuro. E, dunque, la vita delle generazioni a venire.
 

 
Rifiuti: risorsa da cui ricavare energia ma in giro c’è troppa disinformazione
 
ROMA – Produzione di energia, oggi più che mai, fa (o dovrebbe fare) rima con rifiuti e termovalorizzazione. A toccare l’argomento, in seno al convegno tenutosi a Palazzo San Macuto, il responsabile settore energia di FareAmbiente, l’imprenditore Emilio Corea: “L’uomo ha paura di quello che non conosce, dunque è diffidente. È ovvio che se io la termovalorizzazione la conosco, perché mi viene illustrata in maniera corretta, non la temo”. Corea ha poi fatto un interessante excursus sulla termovalorizzazione, “nata in Danimarca a fine Ottocento”, ponendo l’accento su un aspetto non secondario: “La parte più “dolorosa” di un impianto, oggi, è l’emissione dei fumi: è giusto sapere che in Italia la normativa sul controllo fumi è fra le più scrupolose”. Di termovalorizzazione ha pure parlato il professor Gaetano Cecchetti, già ordinario di Chimica dell’Ambiente all’Università di Urbino, che ha evidenziato come alla base vi sia una cattiva informazione circa la gestione del ciclo dei rifiuti, sottolineando come in Italia “non siamo stati capaci di valorizzare il rifiuto, al punto da farci portare via, pagando, montagne di rifiuti utilizzate per produrre energia”, con chiaro riferimento ai Paesi del Nord Europa. Dove la “monnezza” è sì una risorsa.

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