Il disegno di legge costituzionale “Boschi” - QdS

Il disegno di legge costituzionale “Boschi”

Antonio Privitera

Il disegno di legge costituzionale “Boschi”

sabato 28 Febbraio 2015

Il voto finale del ddl di riforma è atteso e previsto per la prima settimana di marzo del 2015, dopo circa cinque mesi di dibattito alla Camera. Si prevedono disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione

Atto Camera: 2613
Disegno di legge: S. 1429. – DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione" (approvato, in prima deliberazione, dal Senato)

Il disegno di legge governativo di riforma costituzionale (atto Camera n. 2613) , già approvato in prima deliberazione dal Senato e adesso in votazione finale alla Camera, è finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto e all’introduzione di un bicameralismo differenziato.
Il ddl prospetta un Parlamento che continua ad articolarsi in Camera dei deputati e Senato della Repubblica, ma i due organi avranno composizione diversa e funzioni in gran parte differenti. Il testo però non prevede solo il superamento dell’attuale sistema bicamerale.
Infatti è anche annunciata la revisione del procedimento legislativo, inclusa l’introduzione del c.d. voto a data certa. Viene poi introdotto lo statuto delle opposizioni, la facoltà di ricorso preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali di Camera e Senato, alcune modifiche alla disciplina dei referendum, tempi certi per l’esame delle proposte di legge di iniziativa popolare, per la presentazione delle quali viene elevato il numero di firme necessarie.
Tra i temi del disegno di legge anche la costituzionalizzazione dei limiti sostanziali alla decretazione d’urgenza, le modifiche al sistema di elezione del Presidente della Repubblica, la soppressione della previsione costituzionale delle province, la riforma del riparto delle competenze tra Stato e regioni e la soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

La cronistoria del ddl
Il ddl, soprannominato Boschi, in quanto primo firmatario è stato proprio il ministro alle Riforme e ai rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi, ha assunto il numero di ddl 1429 al Senato della Repubblica, dove per la prima volta è stato presentato l’8 aprile 2014 in sede di I commissione, Affari costituzionali. Dopo quattro mesi di dibattito, è stato votato, in prima lettura, l’8 agosto 2014. Il ddl Boschi è stato poi trasmesso dal Senato alla Camera lo stesso 8 agosto 2014 e ha iniziato il suo iter in I commissione, Affari costituzionali, l’11 settembre 2014, commissione che ha iniziato a lavorare in sede referente dal 16 dicembre 2014. Il ddl è entrato in votazione finale tramite seduta ininterrotta il 10 febbraio 2015, causa l’ostruzionismo in aula delle opposizioni, che hanno finito per disertare tutte le ultime votazioni. Il voto finale è atteso per la prima settimana di marzo del 2015, dopo circa cinque mesi di dibattito.

Le influenze del ddl  sul Titolo V della Costituzione
Il ddl svolge particolari rivisitazioni al Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Soppresse le Province come ente della Repubblica, viene pertanto profondamente riformato tutto il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e regioni, oggetto dell’articolo 117 Cost. Viene soprattutto soppressa la competenza concorrente, ridistribuendo le singole materie tra competenza esclusiva statale e competenza regionale.
Tra le materie relegate alla sola competenza statale figurano la concorrenza, la finanza pubblica e il sistema tributario, oltre che la disciplina giuridica del lavoro pubblico, la tutela della salute, la sicurezza alimentare, la tutela e sicurezza del lavoro, le politiche del lavoro, l’ordinamento scolastico, l’istruzione universitaria e la programmazione della ricerca scientifica e tecnologica. Viene inoltre introdotta la clausola di supremazia, che fa sì che la legge statale possa intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva, su proposta del Governo, qualora lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o la tutela dell’interesse nazionale.

 

 
Stop alla legislazione concorrente, ma per le Regioni speciali è tutto rinviato
 
ROMA – In base all’articolo 39, comma 11, del disegno di legge, tra le disposizioni riformate rientra anche l’articolo in esame sostitutivo dell’articolo 117 Cost.
Queste disposizioni non vengono applicate alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, almeno fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime regioni e province autonome. Ed è bene ricordare che, la legge costituzionale di riforma del titolo V del 2001 prevede quella che viene chiamata in gergo la clausola di maggior favore, in base alla quale sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite (L.Cost. n. 3/2001, art. 10). Dunque le Regioni a statuto speciale risultano escluse dall’applicazione del nuovo riparto delle già citate competenze. E questo vale sia nel caso in cui dal nuovo assetto di competenze discenda una riduzione degli ambiti di intervento di pertinenza regionale, sia nel caso in cui da tale assetto derivi un ampliamento degli ambiti di intervento.
In questo modo nell’applicazione del titolo V avverrà una palese separazione tra Regioni a statuto speciale e Regioni a statuto ordinario, in quanto alle regioni a statuto speciale si continuerà ad applicare il testo attualmente vigente.
Si precisa inoltre che le Regioni a statuto speciale sono escluse dall’applicazione della clausola di supremazia, volta ad assicurare la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica e la tutela dell’interesse nazionale.
E è bene ricordare in merito che gli statuti speciali, con la sola eccezione dello statuto della Regione siciliana, riconoscono l’interesse nazionale quale limite alle competenze legislative esclusive da essi attribuite.
Considerato che si vuole sopprimere la legislazione concorrente per l’enorme mole di contenzioso che si è creato con le Regioni fino ad oggi, l’esclusione delle Regioni speciali, fino a quando non adegueranno gli Statuti in base a delle intese con lo Stato, rischia di bloccare la riforma stessa.

Disciplina transitoria
La disciplina transitoria in materia è dettata dall’articolo 39, comma 10, secondo il quale le leggi regionali adottate sulla base dell’assetto di competenze vigente fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale in esame, continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle leggi adottate ai sensi del nuovo assetto di competenze.

 


La Costituzione. Art. 117, co 3: testo attualmente vigente
 
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

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