Pa, tagliare in due lo stipendio - QdS

Pa, tagliare in due lo stipendio

Carlo Alberto Tregua

Pa, tagliare in due lo stipendio

mercoledì 11 Marzo 2015

Ragguagliare compensi a risultati

La Pubblica amministrazione statale, regionale e comunale è diventata la pietra tombale dell’economia e concausa dell’alta disoccupazione. Quando la macchina pubblica non funziona e rallenta moltissimo tutte le procedure, aggrava fortemente la crisi e allontana gli investitori nazionali ed esteri.
Chi scommette in un’impresa, ci mette la faccia e i soldi, assume rischi e sopporta un carico fiscale unico al mondo, fra i Paesi avanzati, che in atto è del 43,5 per cento nominale; l’effettiva pressione fiscale supera il 57 per cento. Come dire che ogni cittadino lavora fino al mese di luglio per lo Stato e solo da agosto a dicembre per sé e per la propria famiglia.
Il costo del lavoro pubblico e dei pensionati pubblici è di circa 285 miliardi su 725 di spesa complessiva. Non è più sostenibile sia per l’eccessivo numero di addetti, sia per gli alti stipendi di moltissimi funzionari e dirigenti che per le norme pensionistiche particolarmente favorevoli, tenuto conto che il sistema contributivo è iniziato il primo gennaio 1996.

Nella Pubblica amministrazione vi è un’irresponsabilità generalizzata, nel senso che ognuno non risponde per quello che fa o che non fa, per quanto fa o non fa, per quanto fa bene o male. Cosicchè i bravi e onesti percepiscono lo stesso stipendio di fannulloni e disonesti.
Molti dipendenti fanno un secondo mestiere che è anche quello di consigliere comunale, per il quale oltre allo stipendio del proprio datore di lavoro percepiscono indennità e gettoni per sedute di Natale e Ferragosto. Tutto questo accade perché mancano i Piani aziendali che prevedono organizzazione, procedure snelle ed efficienti, tempi di esecuzione, premi o sanzioni per chi non consegna risultati.
Le stesse procedure non devono essere redatte da burocrati bensì da aziende internazionali che si occupano dell’organizzazione, come McKinsey o Accenture. Non che fra i nostri commercialisti e professori universitari non ve ne siano capaci di formare funzionari e dipendenti, ma spesso sentono gli ordini di un ceto politico corrotto che mira più al clientelismo che non al servizio dei cittadini.
 

Ci sarebbe un rimedio drastico a questo andazzo: dividere in due stipendi e indennità, una parte fissa per la sopravvivenza e una seconda, variabile, da ragguagliare ai risultati ottenuti dal Dipartimento, dall’Area, dal Servizio, o dalla Divisione. In ognuna di queste strutture i componenti dovrebbero sentirsi parte di una squadra che funziona e vince solo se viene ben gestita da un Coach e nella quale tutti fanno la propria parte senza tirare indietro la manina.
Ci rendiamo conto che l’ipotesi indicata sarebbe immediatamente avversata dalle rappresentanze sindacali dei dipendenti e dirigenti pubblici perché hanno la coda di paglia. Essi parlano sempre di diritti acquisiti creando ad arte confusione: quelli sono privilegi acquisiti, non diritti acquisiti. L’Italia resta in crisi proprio perché nessuno vuole rinunciare ai privilegi acquisiti, infischiandosene se a pagarli sono i cittadini.

Insistiamo molto sulla necessità di rendere efficienti tutte le Pubbliche amministrazioni, di qualunque livello e di qualunque ente. Nessuna riforma statale, regionale o comunale, può far decollare l’economia se la burocrazia non funziona in modo almeno sufficiente, mentre oggi merita un “due”, cioè una bocciatura sonora senza appello né esami di riparazione.
È il ceto politico che deve procedere a una svolta a “U”. Hanno svoltato regioni virtuose, nelle quali la burocrazia funziona discretamente, mentre ve ne sono altre, viziose, nelle quali la burocrazia è pessima. Fra queste ultime primeggia negativamente la Sicilia.
Anche qui, il peso degli stipendi e delle pensioni è eccessivo in relazione alla quantità e alla qualità dei servizi prodotti. Se le Pubbliche amministrazioni siciliane, dalla Regione ai Comuni e agli Enti pubblici, avessero dieci o quindicimila persone in meno, facendo restare le migliori, vi sarebbe un forte risparmio e un altrettanto forte tasso di efficienza.
Solo con riforme shock è possibile ribaltare questa situazione che sta appestando l’economia. Bisogna farla ora. Subito!

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