L’immissione dei precari crea un danno ai giovani - QdS

L’immissione dei precari crea un danno ai giovani

Carlo Alberto Tregua

L’immissione dei precari crea un danno ai giovani

giovedì 19 Marzo 2015

Nella scuola vadano i migliori

Il Governo ha dichiarato che intende ammettere nei ruoli della scuola centomila precari, che magari vi lavorano da anni o addirittura da decenni. Da un punto di vista umano, l’azione è meritevole, perché non si possono tenere così a lungo in organico persone senza assicurare loro una prospettiva nel tempo.
Dal punto di vista dell’interesse generale, invece, la questione assume un carattere di inefficienza, perché non è dimostrata la qualificazione di tali persone che entreranno nei ruoli, in quanto non hanno partecipato alla selezione concorsuale prevista dall’art. 97 della Costituzione.
Vero è che molti sono bravi per conto proprio ed è anche vero che tanti hanno provveduto ad aggiornarsi e ad acquisire professionalità. Tuttavia, il mancato accertamento di tali qualità induce a pensare che non tutti siano all’altezza della situazione.
Cosicché, l’immissione in massa nei ruoli dei centomila insegnanti premia quelli bravi ma fa inserire anche tanti altri che non lo sono affatto.

Si tratta di una discriminazione che danneggia i cittadini che non hanno avuto la possibilità di competere alla pari in un concorso. Si tratta anche di un’azione che danneggia gli studenti, i quali possono trovarsi a studiare con insegnanti molto bravi, ovvero con insegnanti non all’altezza della situazione.
Il punto è proprio questo: la scuola ha un ruolo centrale nello sviluppo e nella civiltà di una Comunità. Formare giovani in modo adeguato è indispensabile per crescere. La scuola, inoltre, è una sorta di ascensore sociale, perché consente di elevare coloro che partono da condizioni economiche meno abbienti. è, infatti, la conoscenza l’elemento che può far crescere i giovani e renderli competitivi in un mercato mondiale sempre più agguerrito, in cui prevalgono i migliori.
La scuola andrebbe sostenuta, migliorata e utilizzata come il massimo veicolo di crescita sociale ed economica, non come un luogo ove si trova il lavoro.
Chi insegna deve avere passione e alto spirito di servizio, perché dall’asilo, bisogna accompagnare i giovani fino alla maturità.
 

Fin dal 1968, quando fu propugnato l’aberrante 18 politico, si è avviato un processo di scadimento della qualità della scuola, perché il ceto politico, per becere questioni clientelari, nei decenni successivi, ha aperto le porte alle assunzioni senza concorso, via via limitandoli e facendoli cessare da un decennio a questa parte.
Il male è stato fatto, porvi rimedio è indispensabile. Tuttavia, il rimedio dell’immissione in massa dei precari nei ruoli è peggiore del male. Quantomeno, il Governo doveva bandire i concorsi anche con corsie preferenziali per gli stessi precari. Ma immetterli senza una validazione proveniente dagli stessi non produce quella naturale selezione di merito in base alla quale i migliori vanno in cima alla graduatoria e gli altri finiscono in coda.
Ancora una volta, viene omesso questo valore, il merito, che dovrebbe essere la chiave per inserire i migliori cittadini in questo settore pubblico, che forse è il più importante del nostro Paese.

Nel versante della formazione, occupa un posto primario anche l’Università. è vero che i docenti entrano per concorso, ma è anche vero che sulla questione vi sono state molte situazioni non chiare che hanno causato guasti.
Dalle nostre Università, soprattutto dalle Facoltà scientifiche, escono tantissimi giovani brillanti e preparati che quando vanno in giro per il mondo primeggiano. Ma anche tanti altri che non hanno una formazione adeguata, per cui non sono competitivi, neanche nel nostro mercato interno.
Scuola e università dovrebbero investire nei giovani e nel loro futuro, renderli competitivi perché preparati in modo aggiornato, non soltanto per primeggiare nel mondo, ma e soprattutto, per rendere più competitivo il processo economico interno, in cui parte preponderante è la cultura.
Qualche ignorante diceva che con la cultura non si mangia. La verità è, invece, che la cultura costituisce un volano per tutte le attività economiche, fra cui la fruizione di beni culturali e paesaggi e in genere dei tesori che possiede il nostro Paese.
Dunque, avanti i bravi opportunamente selezionati. In coda gli incapaci!

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