Combattere l’evasione contro la disuguaglianza - QdS

Combattere l’evasione contro la disuguaglianza

Carlo Alberto Tregua

Combattere l’evasione contro la disuguaglianza

giovedì 26 Marzo 2015

Emersione volontaria, un’opportunità

L’evasione fiscale è un cancro non più sopportabile perché è elemento di disuguaglianza fra i cittadini e compromette fortemente la concorrenza fra le imprese.
È di tutta evidenza che un’impresa che non paga le imposte ha un vantaggio economico su chi invece le paga, sia perché utilizza risorse non proprie ma dello Stato, ed anche perché il costo dell’apparato amministrativo è minore quando non si compiono i numerosissimi e spesso inutili adempimenti.
È elemento di disuguaglianza fra i cittadini perché chi paga tutte le imposte dispone di minori risorse rispetto a chi invece le paga in toto.
Rossella Orlandi, direttrice dell’Agenzia delle Entrate, nell’annuale conferenza stampa ha comunicato con orgoglio che nell’anno passato sono stati recuperati 14 miliardi di imposte con un aumento di un decimo rispetto all’anno precedente.
Ha fatto un’altra importante comunicazione che riguarda la filosofia di caccia agli evasori veri. Cioè l’indirizzo che tutte le Direzioni regionali (Dr) e le Direzioni provinciali (Dp) devono scovare i veri evasori e quindi non rifugiarsi dietro violazioni formali o errori che può commettere il contribuente.

Orlandi ha ancor più sottolineato la linea di condotta dell’Agenzia che vuole essere di discussione amichevole col contribuente e non di contrasto per convincerlo a pagare le imposte, come è suo dovere, aiutandolo a comprendere meglio le norme, anche se queste sono purtroppo complicate e farraginose. Infatti, ha proseguito, le adesioni sono molto più frequenti ed il contenzioso è molto diminuito.
È assolutamente necessario che i controlli vengano fatti, utilizzando tutti gli strumenti informativi ed informatici che consentono all’Agenzia di monitorare i conti e i fascicoli bancari e di seguire la traccia del denaro che evidenzia spesso evasione nonché il rapporto fra reddito e tenore di vita.
Nonostante ciò, da più parti viene stimato un importo di circa cento miliardi di imposte evase. Bisogna però distinguere fra gli ignoranti e gli altri che evadono con cognizione di causa. Nessuno può additare come colpevoli cittadini ricchi se hanno pagato le imposte sui propri redditi fino all’ultimo euro.
 

In questo quadro, è arrivata la legge 186/14 sulla emersione volontaria di cespiti e risorse finanziarie detenute sia all’estero, in paesi Black list, che sul nostro territorio nazionale. Martedì abbiamo pubblicato un’inchiesta di servizio che ha spiegato per sommi capi come funziona la stessa legge.
È stimato da più parti un ammontare di duecento miliardi che gli italiani hanno via via portato all’estero dal dopoguerra in avanti. Vogliamo ricordare i travagli del nostro Paese dagli anni ’50 in poi, con le fibrillazioni del sistema politico, il pericolo del Comunismo ed altre preoccupazioni che incombevano sul popolo italiano.
Con ciò non vogliamo giustificare chi ha evaso le imposte, ma ricordiamo che il miracolo economico degli anni ’50, ’60 e ’70, è stato fortemente alimentato dall’evasione che ha consentito di lasciare ai cittadini risorse utili agli investimenti.
La citata legge 186/14 vuole far pagare tutte le imposte su interessi e capital gain a cominciare dall’anno 2009 fino al 2013, consentendo di regolarizzare l’evasione mediante una dichiarazione volontaria che ha un percorso preciso e determinato nella forma e nei tempi.

Nel caso di unico versamento la procedura si chiude in circa cinque mesi oppure va in contestazione. è possibile pagare quanto dovuto in unica soluzione o in tre rate. La dichiarazione volontaria di emersione, ripetiamo sia per sostanze detenute all’estero che per quelle detenute in Italia non dichiarate, deve essere inviata per Pec all’Agenzia delle Entrate entro il 30 settembre 2015.
Ovviamente il contribuente che intenda mettersi in regola si farà assistere da esperti consulenti perché i conteggi sono abbastanza complessi e devono restare tassativamente nei binari previsti dalla procedura. La stessa è stata ben spiegata dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 10/E del 13 marzo 2015, in 61 pagine scritte in buon italiano, che è una svolta rispetto all’incomprensibile burocratese.
Chiusa la procedura, il fascicolo viene inviato alla Procura della Repubblica della residenza del contribuente, la quale può svolgere indagini solo nei casi previsti tassativamente dalla legge 186/14, elencati nella nostra citata inchiesta.

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