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Opere pubbliche, la Sicilia è prima per i ritardi nella realizzazione

Mariaelena Casaretti

Opere pubbliche, la Sicilia è prima per i ritardi nella realizzazione

sabato 04 Aprile 2015

Rapporto Svimez su tempi di attuazione e spesa di 35 mila interventi realizzati in Italia dal 1999 al 2013. Occorrono quasi sette anni nella nostra Isola dalla progettazione all’esecuzione

In Sicilia ci vogliono quasi 7 anni per realizzare un’opera pubblica finanziata dalle politiche di coesione. Questo è quanto emerge dallo studio di Dps-Uver “I tempi di attuazione e di spesa degli interventi infrastrutturali delle politiche di coesione” pubblicato sulla “Rivista economica del Mezzogiorno”, trimestrale della Svimez. Uver è l’Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello Sviluppo economico.
 
L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno ha presentato nei giorni scorsi un’indagine condotta su 35 mila cantieri realizzati in Italia, dal 1999 al 2013, per un valore complessivo superiore ai 100 miliardi di euro, con lo scopo di  analizzarne l’andamento dei tempi di attuazione e di spesa e ponendo, in particolare, l’accento nei confronti dei ritardi che si accumulano nei tempi “di attraversamento”, ovvero quelle porzioni di tempo che rallentano l’iter dell’opera per i motivi più disparati e che in media pesano per il 61% sulla durata complessiva dell’investimento, con forbici comprese tra il 51% del Centro e il 65% del Sud.
Lo studio individua progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, affidamento ed esecuzione dei lavori come le cinque fasi di vita dell’opera pubblica e i dati del ministero dell’Economia e del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione sociale confermano che a livello nazionale, per l’intero iter dell’opera pubblica, passano in media 4,5 anni (2,6 anni per la progettazione, sei mesi per l’assegnazione dei lavori e 1,4 per la realizzazione effettiva). A livello regionale, la più veloce è l’Emilia Romagna, che riesce a completare un’opera in 3,8 anni, seguita da Piemonte, Valle d’Aosta e Toscana (4,1 anni), Lombardia (4,3 anni), Trentino Alto Adige e Marche (4,4 anni).
Fanalini di coda Basilicata e Sicilia che impiegano rispettivamente 5,8 anni e quasi 7 anni per la chiusura definitiva dei cantieri, superando di parecchio la media nazionale. Andando ad analizzare, nel dettaglio, l’andamento delle opere in Sicilia step by step emerge come buona parte del tempo viene sprecato nella fase di progettazione, sforando di ben oltre 5 anni rispetto ai 2,6 medi italiani. Critica anche la fase di affidamento dei lavori, dove l’Isola è addirittura in grado di raddoppiare le tempistiche di Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Trentino e persino della Calabria. Decisamente migliore, invece, la performance di esecuzione dei lavori che vede una generale ripresa del Mezzogiorno, con una fase di accelerazione della Sicilia (-22,5%) rispetto alla media nazionale (-15,7%).
Se il peso dei ritardi di ordine burocratico cresce tanto quanto è più piccolo il cantiere, diversamente, per quanto concerne ai tempi complessivi di attuazione, il ritardo cresce in maniera diversamente proporzionale al costo dell’opera, con tempi di quasi tre anni per micro interventi e di 14 anni e mezzo per le opere di importo superiore ai 100 milioni di euro. Incrociando i dati a livello territoriale, nell’attuazione di opere pubbliche nel settore dei trasporti il Sud impiega in media 7,2 anni contro i 5,6 del Nord e i 6,4 del Centro; situazione ribaltata nel campo dell’edilizia con un tempo medio di realizzazione di 3,6 anni al Sud, contro i 4,6 impiegati dal Nord.
 

 
Cantieri chiusi e ancora il 28% da spendere
Per quanto concerne la performance delle regioni nei tempi di completamento della spesa, è ancora il Nord ad avere la meglio. In particolare, le regioni del Nord-Est e parte delle regioni del Mezzogiorno, quali Campania, Molise e Puglia, si caratterizzano per durate moderatamente inferiori al valore medio nazionale. Nord-Ovest, Toscana, Umbria , Marche e Sicilia si attestano attorno al valore medio nazionale, lasciandosi alle spalle Lazio, Abruzzo, Sardegna, Calabria e Basilicata. Le differenze tra Nord e Sud si azzerano in merito all’andamento del flusso di spesa, con amministrazioni che peccano sulle previsioni di bilancio in tutta la penisola.
 
Le stazioni appaltanti risultano in difficoltà nello stimare l’inizio degli interventi, previsto in media dopo 1,2 anni, ma concretizzato in realtà solo dopo 2,5 anni dall’inizio effettivo dei lavori. Previsioni sbagliate, tempi lunghi, debolezza del progetto e a cantiere chiuso non è ancora finita. Analizzando il dossier alla chiusura dei cantieri resta , infatti, ancora da spendere, in attività amministrative successive alla fine dei lavori, il 28% del costo totale dell’opera, con punte di peggioramento al Sud quantificate al 32%. Inoltre più i progetti sono piccoli, più si è lenti a spendere: a livello nazionale, nei micro-progetti a cantieri chiusi resta da spendere ancora il 49% del totale, contro il 14% dei progetti di importo superiore ai 100 milioni di euro. Quanto ai settori, al termine dei lavori  resta da spendere circa il 25% nell’edilizia, oltre il 20% nelle strade, il 22% nelle risorse idriche e difesa del suolo, mentre percentuali più alte sono destinate allo smaltimento dei rifiuti (40%) e nel settore culturale (46%).

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