Orti urbani, in Sicilia solo singoli casi - QdS

Orti urbani, in Sicilia solo singoli casi

Chiara Borzi

Orti urbani, in Sicilia solo singoli casi

sabato 25 Aprile 2015

Secondo le ultime stime della Coldiretti nel resto d’Italia stanno diventando una pratica consuetudinaria e in crescita. A Catania un progetto del 2014 è rimasto solo nelle intenzioni, a Palermo qualcosa nella zona del velodromo

PALERMO – Mentre nel resto d’Italia gli orti urbani diventano una pratica consuetudinaria e in crescita, in Sicilia l’esperienza dell’orto in città rimane quasi una chimera.
Secondo le stime fornite recentemente da Coldiretti nazionale in Italia si è registrata una crescita dei territori adibiti ad orti urbani di 3,3 milioni di metri quadrati, andando a ricercare stime utili per la Sicilia si scopre come siano invece praticamente assenti. Nella nostra regione le esperienze sono pochissime, quasi inesistenti o quasi tutte non censite.
Nonostante lo stato attuale, alcune amministrazioni siciliane si erano dette pronte a scommettere sulla pratica, senza però cominciare concretamente ad investire per lo sviluppo degli orti in città. È il caso di Catania, Comune che annunciò la preparazione di un progetto che avrebbe portato nella città metropolitana un sistema di orti urbani tra i più grandi d’Europa. La comunicazione si è limitata allo spot. Il progetto è al momento solo un intenzione, nonostante nel 2014 l’assessorato all’Urbanistica entrò ufficialmente in contatto con Coldiretti Catania per pensare alla realizzazione dei primi spazi.
 
La notizia viene data al Quotidiano di Sicilia dallo stesso presidente di Coldiretti etnea Giovanni Pappalardo: “Era il 2014 quando abbiamo realizzato diverse riunioni con l’assessore all’Urbanistica Salvo Di Salvo. D’allora non ci sono stati risvolti. L’attività a Catania è inesistente”. Seppur non censito ufficialmente a Librino rimane un grande riferimento per gli abitanti vicini al Campo San Teodoro l’orto urbano allestito dai Briganti Rugby. L’area è stata coinvolta nel progetto G124 di Renzo Piano trovando agevolazione dall’ingresso nel piano di riqualificazione portato sul territorio, per lo meno in ambito di riordino dello spazio, estensione degli orti e la recinzione degli appezzamenti coltivati dagli ortolani.
A Palermo l’orto urbano è anch’esso spazio di condivisione, ma nessuna attenzione politica o istituzionale ne ha investito l’operato dal 2013, quando con l’aiuto del Condifas (Consorzio di difesa dell’agricoltura siciliana) è nato un angolo di campagna in via Galletti. Qui il progetto è rivolto all’integrazione sociale, in particolare all’inserimento di giovani stranieri provenienti da Senegal, Marocco, Bangladesh e Ghana. A marzo del 2014 Palermo ha inaugurato il secondo orto urbano cittadino, ancora grazie all’operato del Condifas. La zona scelta è stata quella del Velodromo, in via PV 46. L’orto condiviso è messo a produzione tramite una parcellizzazione di territori, quindi la consegna in gestione ai cittadini che intendono coltivare la terra per l’autoproduzione del cibo. La coltivazione è naturale e prevista senza l’uso di diserbanti e concimi chimici.
Le singole esperienze siciliane non sono in grado di competere con le realtà del Nord dell’Italia. Solo per fare un esempio Bologna e Parma offrono la superficie più consistente destinata agli orti urbani, con 155mila metri quadrati ciascuna. A livello nazionale sono 57 le amministrazioni comunali capoluoghi di provincia che hanno messo a disposizione degli orti urbani per la cittadinanza. Si tratta in media di una percentuale pari a poco meno del 50% del totale, ma esiste una forte polarizzazione regionale, con la percentuale che sale all’81% nelle città del Nord. Meno di due città capoluogo su tre al Centro Italia hanno orti urbani, mentre nel Mezzogiorno sono presenti solo a Napoli, Andria, Barletta, appunto Palermo e Nuoro.

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