Debiti Pa: 105 giorni di attesa al Sud - QdS

Debiti Pa: 105 giorni di attesa al Sud

Serena Giovanna Grasso

Debiti Pa: 105 giorni di attesa al Sud

mercoledì 29 Aprile 2015

Fondazione impresa: le amministrazioni meridionali nel 2014 hanno ridotto i tempi di pagamento di soli 20 giorni. Difficoltà per le imprese che si aggiunge ai lunghi tempi per ottenere permessi e elevati costi

PALERMO – La Pubblica amministrazione continua a dare filo da torcere alle imprese, in particolar modo a quelle di più piccole dimensioni. Contrariamente a quanto prescritto dalla direttiva Ue 2011/7, la quale impone alle Pubbliche amministrazioni un tempo massimo di 30 giorni per saldare i debiti accumulati nei confronti delle imprese o 60 giorni per quel che attiene i debiti in materia sanitaria, al secondo semestre dello scorso anno le imprese italiane hanno dovuto aspettare mediamente 102,3 giorni prima di veder liquidata la somma spettante. Paradossalmente, nel 2013, a pochi mesi dal recepimento della direttiva avutasi il 15 novembre 2012, si è avuta l’impennata dei tempi di attesa, con i 120,5 giorni al primo semestre e i 115,2 al secondo.
Sembra quasi ridicolo affermarlo, ma a livello nazionale i miglioramenti conseguenti dall’introduzione della direttiva, quindi rispetto al primo semestre del 2012, si attestano in 2,2 giorni (si è passati da 104,5 giorni a 102,2). Si tratta di un miglioramento a dir poco impalpabile e assolutamente ininfluente, tanto da aver costretto nel giugno 2014 la Commissione europea all’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto della direttiva.
Secondo i dati pubblicati da Fondazione impresa lo scorso marzo e riferentesi alle imprese con meno di 20 addetti, la circoscrizione geografica che attende i tempi maggiori prima di ottenere il saldo è proprio il Mezzogiorno: infatti, le otto regioni che compongono l’area attendono mediamente  105,8 giorni. Al contempo, è proprio il Mezzogiorno ad aver rilevato la seconda maggiore contrazione dei tempi di attesa rispetto alla situazione vigente al primo semestre 2013: naturalmente anche due anni fa i tempi più lunghi spettavano al Sud e alle Isole, si arrivavano a contare ben 125,8 giorni di ritardo, esattamente 20 in più rispetto allo scorso semestre. La riduzione più consistente è registrata dal Nord-Est (-22,4 giorni).
In relazione al settore, è il manifatturiero ad attendere di più (112,3 giorni al secondo semestre 2014), persino più dei tempi medi meridionali. Mentre le imprese commerciali confermano tempi di pagamento più bassi che scendono sotto la soglia dei 50 giorni: 47,2 giorni per l’esattezza che non consentono tuttavia il pieno rispetto dei tempi previsti dalla direttiva europea sui pagamenti.
Nel frattempo cresce la quota di imprenditori a conoscenza dei dettagli presenti all’interno della direttiva europea sui ritardi nei pagamenti: mentre nel primo semestre del 2013 ne erano informati solo il 71,5% degli imprenditori, nel secondo semestre 2014 secondo le elaborazioni di Fondazione impresa, la quota sale all’88,9%. Ma se da una parte sale la quota di imprenditori informati, d’altra parte è abbastanza contenuta la componente di chi si ritiene soddisfatto della tutela: infatti, nel secondo semestre dello scorso anno solo l’8,2% degli imprenditori intervistati da Fondazione impresa si è ritenuto molto soddisfatto, il 24,4% abbastanza e porzione assai più consistente è costituita dagli scontenti che si compongono nel 43,7% dei poco soddisfatti e nel 23,7% dei per niente soddisfatti.
In definitiva, non possiamo non accorgerci delle notevoli difficoltà che le imprese soprattutto di piccole dimensioni sono chiamate ad affrontare quotidianamente. In tale contesto, la pubblica amministrazione ostacola l’attività d’impresa fino ad arrivare ad ucciderla. E non ci limitiamo esclusivamente alla materia trattata in questa sede. Al contrario, estendiamo il nostro raggio d’analisi ai permessi per costruire rilasciati dalle pubbliche amministrazioni alle imprese che a Palermo si fanno attendere per 316 giorni, mentre a Milano sono ottenuti in 151 giorni; o ancora, ai costi per iniziare un’attività d’impresa che in Sicilia sono pari al 13,5% del reddito pro capite, mentre la media europea impone alle nuove unità imprenditoriali di sopportare spese pari al 4,9% del reddito pro capite. Per non parlar poi della scopertura nell’assistenza successiva alla formazione del nucleo imprenditoriale dovuta alla non omogenea diffusione dello Sportello unico attività produttive: si pensi che ben 51 dei 390 enti locali sono sprovvisti di Suap e complessivamente a livello nazionale sono 101 i Comuni scoperti, dunque, più della metà delle inefficienze è da collocarsi al di qua dello Stretto.
Sulla base dei suddetti presupposti poi non ci sarà certamente da stupirsi se la Sicilia è una regione con un bassissimo tasso di unità imprenditoriali: difatti, già nell’inchiesta “I ricchi di Sicilia abitano a Palermo” dello scorso 23 aprile, svolta grazie a nostre elaborazioni sui dati del ministero dell’Economia e delle finanze, emergeva che sui quasi 2,9 milioni di redditi dichiarati, poco meno di 60 mila sono i contribuenti che traggono il proprio reddito da lavoro autonomo, a dir poco briciole. Con tutto quel che poi ne deriva in termini di occupazione, anzi per meglio dire di disoccupazione.
 


Certificazione dei crediti e compensazione con debiti: le misure varate dal Governo in favore delle imprese
 
Ulteriori misure a tutela delle imprese sono state ideate dal Governo italiano nel periodo compreso tra il 2012 e il 2014. Si tratta di provvedimenti che riguardano la certificazione e il successivo pagamento di debiti pregressi. Nello specifico, queste misure consistono nella presentazione da parte delle imprese di domande di certificazione dei propri crediti, così da poterli cedere agli istituti finanziari con la garanzia dello Stato. Il ministero dell’Economia e delle finanze nel corso del 2014 ha contato ben 91.423 domande di certificazione presentate, per un importo pari quasi a 9,8 miliardi di euro.
Questi mezzi risultano essere parecchio gettonati, tanto che secondo i dati di Fondazione impresa sono stati adottati dall’85% delle aziende che lavorano con la pubblica amministrazione. Di appena uno o due punti percentuali si staccano le varie circoscrizioni territoriali nell’adozione delle suddette misure (Nord – Est 85,7%, Nord – Ovest 86,9% e Centro 84,2%), mentre è il Mezzogiorno l’area che rileva un distacco più netto (78,4%), dato probabilmente imputabile alla scarsa conoscenza da parte delle imprese meridionali dei seguenti mezzi.
Da non trascurare neppure l’ennesimo svantaggio ancora una volta a danno del Mezzogiorno, consistente nella detenzione di questo poco invidiabile primato di circoscrizione con il più tasso di debiti risalenti al 2013 e non ancora liquidati da parte delle Pubbliche amministrazioni meridionali (18,3%), superiore di circa cinque punti percentuali rispetto alla media nazionale. A questo proposito, comprendiamo bene di stare parlando di ritardi di gran lunga superiori rispetto  ai 105,8 giorni medi rilevati nel Meridione. In generale, non si tratta di importi troppo elevati, ma quel che basta per ridare fiato ad imprese di più modeste dimensioni: nel Mezzogiorno nel 39,7% dei casi si tratta di somme inferiori ai 10 mila euro, nel 38,5% comprese tra i 10 e i 25 mila euro, mentre appena il 5,1% delle imprese lamenta la riscossione di importi superiori ai 50 mila euro.

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