Fuoricorso, palla al piede per le università siciliane - QdS

Fuoricorso, palla al piede per le università siciliane

Liliana Rosano

Fuoricorso, palla al piede per le università siciliane

mercoledì 29 Aprile 2015

Il 20% dei finanziamenti Miur agli Atenei dipende dal loro numero. A Catania sono il 52%, 26.000 su 50.000 iscritti

CATANIA – Tempi duri per i fuoricorso. Il problema di chi si laurea non “in tempo” ora si trasforma in un problema economico vero e proprio oltre che di imagine per gli atenei.
Tutto inizia con la tabella, fortemente voluta dal Miur, che assegna i fondi pubblici agli atenei attraverso il nuovo sistema del “costo standard per studente in corso”.
Questo significa che gli atenei che hanno un numero rilevante di studenti fuoricorso, vedranno abbattersi su di loro la scure dei finanziamenti.
E loro, i fuoricorso, potrebbero vedere aumentate le tasse di iscrizione ai corsi universitari.
In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, ci sono 700 mila fuoricorso. Il loro numero cresce nei grandi atenei, mentre si riduce in quelli a medie e piccole dimensioni.
A guidare la classifica degli atenei con una percentuale alta è l’Università di Cagliari dove oltre la metà (precisamente il 53 per cento degl studenti) risulta fuoricorso.
A seguire Catania, con il 52 per cento degli studenti fuoricorso (26 mila su 50 mila iscritti).
In alto nella classifica anche l’ateneo palermitano con poco meno del 50 per cento dei fuoricorso (20 mila in tutto) su 46 mila iscritti.
Messina invece chiude la lista delle siciliane con il 40% degli studenti non in regola, circa 11 mila su 28 mila iscritti.
Le percentuali più basse sono a Pavia e Venezia Iuav, la prima con il 26% e la seconda con il 24% degli studenti.
In soldi, la differenza è dolorosa: per fare un esempio, la prima università d’Italia e d’Europa, la Sapienza, ha perso una decina di milioni di euro di fondi con il nuovo meccanismo. E siamo solo all’inizio: infatti se per quest’anno solo il 20 per cento del finanziamento è attribuito sulla base di questo calcolo, entro cinque anni si salirà al 100 per cento. Cioè, i fuori corso saranno solo un “peso morto” per gli atenei, un costo che c’è ma non conta nulla ai fini del finanziamento pubblico.
Una conseguenza di questa nuova forma di finanziamento decisa dalle tabelle del Miur è di aumentare le tasse ai fuoricorso. Già in alcuni atenei questi pagano di più degli altri: alla Sapienza, dopo il terzo anno fuori corso si paga il 50 per cento in più; anche Palermo ha introdotto un aggravio per chi non si laurea in tempo, che era allo studio anche a Pisa ma è stato bloccato in extremis.
L’idea però di tassare i fuoricorso è generalizzata. Alcuni atenei la adotterebbero per fare cassa, altri preferiscono non optare per questa soluzione.
Il problema andrebbe risolto a monte: condizioni più favorevoli per studenti lavoratori, didattica ed organizzazione dei corsi più snella.

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