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Catania – Pagati per falsificare esami: dipendenti Unict condannati

redazione

Catania – Pagati per falsificare esami: dipendenti Unict condannati

venerdì 01 Maggio 2015

Sentenza di primo grado e fine del rapporto di impiego con l’Ateneo. Il rettore Pignataro: “Le pene evidenziano la gravità dei reati”

CATANIA – Sono stati condannati e saranno licenziati i due impiegati dell’Università etnea che avrebbero fatto superare 19 esami alla Facoltà di Medicina a uno studente che si è laureato nel 2013 in cambio di 2.500 euro, e un altro esame a un secondo studente.
Le sentenza, con il rito abbreviato, è stata emessa dal gup Alessandro Ricciardolo, che ha inflitto 6 anni e 8 mesi a Giovanbattista Luigi Caruso e 5 anni e 8 mesi a Giuseppe Sessa per falso in atto pubblico e corruzione. I due sono stati assolti dal reato di accesso abusivo a sistema informatico. Il giudice ha disposto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dichiarato estinto il rapporto di impiego con l’amministrazione di appartenenza.
Dall’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dai sostituti Lina Trovato e Barbara Tiziana Laudani, è stata stralciata la posizione dello studente universitario, che si è laureato – titolo poi annullato – e di un suo collega di corso, che ha pagato 250 euro per superare un esame. I due hanno collaborato con l’Autorità giudiziaria, ammettendo le loro colpe e ricostruendo le modalità dell’accaduto. Hanno chiesto accesso al patteggiamento, ottenendo parere positivo dalla Procura e il procedimento corre parallelo a quello principale.
Le indagini della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia tributaria di Catania hanno escluso il coinvolgimento di docenti. Gli studenti si sarebbero rivolti a Sessa, che faceva da intermediario con Caruso, che avrebbe provveduto ad accedere con la propria password nel centro elettronico dell’Ateneo e avrebbe registrato gli esami in coincidenza con le varie sessioni.
Nell’inchiesta l’Università à parte lesa e si è costituita parte civile.
“L’entità delle pene nella sentenza di primo grado – ha commentato il rettore Giacomo Pignataro – evidenzia la gravità sociale dei reati contestati. Pur nel rispetto della presunzione d’innocenza dovuta agli imputati sino al passaggio in giudicato, l’Ateneo prende atto del dispositivo emesso dal giudice per le indagini preliminari, davanti al quale il processo si è celebrato col rito abbreviato e ricorda di avere tempestivamente operato per stroncare questo deplorevole episodio di falsificazione annullando i titoli conseguiti abusivamente, trasmettendo gli atti all’Autorità giudiziaria e costituendosi per il risarcimento dei danni prodotti dal reato. Diritto al risarcimento che è stato riconosciuto dalla sentenza e che sarà successivamente quantificato”.

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