Consumo del suolo, alterato quasi il 60% della Sicilia - QdS

Consumo del suolo, alterato quasi il 60% della Sicilia

Chiara Borzi

Consumo del suolo, alterato quasi il 60% della Sicilia

venerdì 08 Maggio 2015

Rapporto allarmante dell’Ispra: l’Italia continua a divorare il proprio territorio, incurante delle conseguenze. Palermo e Catania i territori maglia nera nell’Isola, nel napoletano i casi più eclatanti

ROMA – L’Ispra ha pubblicato la prima mappa italiana del consumo di suolo, tracciando un quadro per regioni, province e comuni. I risultati sono allarmanti. L’Italia continua a “divorare” il proprio territorio incurante delle conseguenze che un utilizzo spregiudicato degli spazi può portare all’interno del sistema nazionale. Non c’è regione che possa astenersi da una riflessione su quanto finora fatto seguendo questa linea di noncuranza e tra queste regioni troviamo anche la Sicilia, già in forte rischio dissesto. Ogni anno nel nostro territorio è stato consumato tra il 6 per cento e quasi l’8 per cento del suolo.
 
Una tendenza in leggera crescita rispetto gli ultimi dati, quelli del 2008, quando la media di consumo si attestava tra un minimo del 5,5 per cento ad un massimo di 7,7 per cento. La regione in cui più velocemente, anno dopo anno, si è consumato più suolo nel Mezzogiorno è la Campania, dove solo nel 2013 si è occupata una media minima del 7,8 e una massima del 10,2 per cento del territorio. A seguire troviamo la Puglia con una media minima di consumo del 7,4 per cento e una massima del 9,7. Per entrambe le regioni si conferma, come accade per la Sicilia, una stima di crescita di consumo del suolo rispetto il 2008: sette anni fa in Campania si è impegnata una media tra i 7,5 e il 9,8 per cento di territorio, mentre in Puglia tra il 7,3 e il 9,6 per cento.
A livello nazionale la regione che consuma mediamente più suolo è la Lombardia. Nel 2013 si è consumato in media, annualmente, oltre il 12 per cento del territorio e un minimo del 9,6 per cento. Indici alti anche per il Veneto, territorio in cui la massima percentuale di consumo si è fermata all’11,1 per cento e in un minimo dell’8,6 per cento. Al contrario unica regione che in Italia riesce ancora a fare un utilizzo parsimonioso del proprio suolo è il Trentino Alto-Adige, a cui segue, inoltre, la Valle d’Aosta.
 
Sono queste due sole regioni a poter essere prese da esempio, anche per il futuro, per migliorare l’intera situazione italiana. All’interno della prima regione si è consumato terreno per una media compresa tra un minimo dell’1,8 per cento e un massimo di appena il 3,2 per cento, con – tra l’altro – un impercettibile calo delle stesse percentuali rispetto il 2008 (stime: 1,8 per cento di minimo consumo e 3,1 per cento di massimo consumo). Al Trentino segue la Valle d’Aosta con una media che oscilla tra il 2,2 per cento e il 3,7 per cento. Numeri che fanno sono successivi – in questo caso – ad periodo di minima crescita rispetto il 2008, anno in cui le stime segnavano un 2,0 per cento di minimo consumo e di 3,4 per cento di massimo consumo.
Nelle tabelle fornite da Ispra, in merito alle stime di consumo del suolo per provincia, Palermo e poi Catania sono i territori maglia nera per la Sicilia. Nel capoluogo – secondo le stime fornite dall’Istituto – sono oltre 23 mila gli ettari occupati, mentre a Catania sono stati oltre 22.600. Agrigento, Messina, Trapani e Ragusa, indicati in sequenza per ordine di consumo, sono invece le province che nella nostra regione hanno fatto registrare l’occupazione di oltre 15 mila ettari di terreno. Agrigento si avvicina al limite dei 16 mila con esattamente 15.825 ettari consumati. A livello comunale non c’è alcuna territorio siciliano che è inserito tra i primi 20 italiani per valori più alti per consumo del suolo.
I primi sei posti di questa particolare classifica sono tutti occupati da comuni della provincia di Napoli. Solo al settimo posto troviamo Lissone, comune della Monza e Brianza (Lombardia), poi ancora due comuni napoletani, uno della provincia di Caserta (Aversa) e infine Lallio, territorio della provincia di Bergamo (Lombardia).
 

 
Nel Sud Sicilia dopo Puglia e Campania
 
ROMA – Resa chiara la problematica situazione siciliana in merito al consumo del suolo, ci sono ulteriori aspetti che possono essere messi in evidenza per rendere chiaro come sia necessario rivedere le politiche territoriali regionali.
Secondo i dati forniti ancora dall’Ispra, in Sicilia sarebbero “alterate”, in modo diretto e indiretto, dal consumo del suolo quasi il 60 per cento delle superfici. Il nostro dato regionale è superiore rispetto la media nazionale, pari al 54,9 per cento, del 5,1 per cento ed è inoltre il terzo più alto del Mezzogiorno. Ancora una volta impressionano le percentuali di Puglia e Campania, dove sarebbero compromessi rispettivamente ben il 68,9 per cento del suolo e 63,7 per cento delle terre.
In Sicilia si continuano ad aggredire anche quelle parti di territorio che si trovano in prossimità del mare. Secondo i dati diffusi, è stato occupato circa il 24,5 per cento di suolo che si trova entro i 300 metri dal mare. Tra i 300 e i mille metri oltre il 20 per cento. Oltre l’1 km appena il 7,9 per cento. In Sicilia, ma anche nel resto d’Italia, si continua a seguire un schema di occupazione dello spazio che non tutela le peculiarità territoriali, ma le piega a quelle che sono esclusivamente le immediate esigenze di antropizzazione.

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