La polpetta avvelenata della Consulta - QdS

La polpetta avvelenata della Consulta

Carlo Alberto Tregua

La polpetta avvelenata della Consulta

martedì 12 Maggio 2015

Legge illegittima per violazione art. 3

Una precedente sentenza della Corte Costituzionale su una legge riguardante le pensioni era già intervenuta dichiarandola illegittima, perché era stato violato il principio costituzionale dell’articolo 3, che prevede l’eguaglianza di tutti i cittadini. La legge doveva intervenire, perciò, su tutti i pensionati e non su una parte di essi.
Fu un errore che questa parte della legge Fornero ha ripetuto in modo identico. Non ci sono ancora le motivazioni della sentenza, ma verosimilmente, anche in questo caso, l’illegittimità è stata pronunziata per violazione dell’articolo 3. Quando si opera un taglio, esso deve essere applicato a tutti i cittadini, non se ne può escludere una parte anche se è quella più bisognosa.
Non comprendiamo quindi come l’esecutivo sia caduto per la seconda volta nello stesso errore. Cosa avrebbe dovuto fare il Governo? Una legge che tagliasse tutte le pensioni, nessuna esclusa. Lamentarsi della Corte è sbagliato perché si è comportata in modo coerente e conforme alla Costituzione.

La Consulta ha emesso un comunicato col quale si precisa che non occorre che il pensionato danneggiato faccia ricorso per ottenere la liquidazione di quanto non gli sia stato pagato, basta una semplice mail all’Inps.
Significa che ha dichiarato lo Stato debitore nei confronti dei pensionati danneggiati, per un ammontare ancora da quantificare, ma che oscilla fra i dieci e i quindici miliardi, con la refluenza nei bilanci, sui quali dovranno essere caricati ulteriori 5 miliardi per anno.
Dalle prime dichiarazioni si capisce che il Governo non sa che pesci pigliare e, soprattutto, non sa cosa rispondere all’Unione europea, entro domani, per spiegare in qual modo intenda affrontare questa situazione.
La stessa sconvolge i piani del Governo perché si dovrà occupare di un aumento della spesa corrente e non potrà, quindi, effettuare gli investimenti necessari per far smuovere l’economia e far crescere l’occupazione.
Per la verità il ministro del Lavoro, Poletti, aveva messo in cantiere l’ipotesi di fare un taglio alle pensioni superiori alle duemila euro lorde l’anno. Se quest’ipotesi si concretizzasse in una legge, sarebbe il terzo madornale errore: o si fanno tagli a tutti, o a nessuno.
 

Ci sarebbe un modo per affrontare la questione delle pensioni in maniera costituzionalmente corretta. Si tratta di avere il coraggio di distinguere i pensionati in due categorie precise: quella di coloro che hanno il diritto alla pensione perché corrisponde esattamente al calcolo fondato su tutti i contributi versati; l’altra, formata dai privilegiati, i quali percepiscono una parte della loro pensione che non fa riferimento ai contributi versati, ma che viene pagata dalla fiscalità generale.
Una legge che ripristinasse il principio etico dell’equità, secondo il quale tutti, indistintamente tutti i pensionati italiani, debbano percepire il loro assegno in base ai contributi versati, troverebbe sicuramente la Corte Costituzionale d’accordo perché verrebbe rispettato il principio di parità, contenuto nell’articolo 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
Mentre oggi vi sono i pensionati privilegiati di categoria A e quelli, figli del Dio minore, di categoria B.

Non si capisce come il sindacato, che rappresenta tutti i pensionati, non abbia proposto ai governi di questi ultimi vent’anni di approvare una legge che ripristinasse il principio di equità, prima indicato. Come può il sindacato consentire che vi sia una parte di propri aderenti privilegiata, con pensioni liquidate in base al metodo retributivo, e un’altra maggioritaria con pensione liquidata col metodo contributivo?
Una legge che mirasse a revisionare tutte le pensioni e a riliquidare quelle retributive col contributivo, ripristinerebbe il principio di equità e scaricherebbe le casse dello Stato di circa venti miliardi l’anno.
La questione non riguarda le pensioni d’oro o le pensioni minime, ma esse derivino dai contributi versati o dalle casse pubbliche in assenza di contributi.
Quanto scriviamo è semplice nella sua enunciazione, ma difficile da attuare. Tuttavia al principio di equità nessuno dovrà sfuggire. è indegno che vi siano milioni di pensionati che percepiscono assegni superiori al loro diritto, con ciò diventando veri e propri parassiti!

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