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Messina – Stretto “patrimonio umanità”? Unesco: “A rischio Ponte e traghetti”

Bonasera Fabio

Messina – Stretto “patrimonio umanità”? Unesco: “A rischio Ponte e traghetti”

giovedì 14 Maggio 2015

Il Comune ha portato avanti il progetto senza consultare la sede Unesco di Messina fondata nel 1971. L’iter adottato da Palazzo Zanca ha ignorato alcuni passaggi fondamentali

MESSINA – Niente petroliere; traghetti e tir ridimensionati. Soprattutto, niente Ponte. Sarebbe questo lo scenario cui andrebbe incontro lo Stretto se diventasse patrimonio dell’umanità. Lo attesta il club Unesco siciliano di Messina, fondato nel 1971 dal giornalista Carmelo Garofalo, che tuttavia il Comune non ha nemmeno consultato nel portare avanti il proprio progetto, presentato lo scorso 18 aprile.
Secondo la presidente del club, Santa Schepis, che preferisce parlare di “Stretto di Scilla e Cariddi”, in linea teorica ci sarebbero tutti gli estremi per ottenere la tutela dell’Unesco: “Ci sono una flora e una fauna particolari, come nel caso delle alghe, del pesce azzurro. Caratteristiche sono le correnti marine, le acque con la loro salinità. Ci sono anche autorevoli testimonianze letterarie, come l’Odissea di Omero”.
Tuttavia, è l’iter adottato dal Comune di Messina a lasciare perplessi: “Bisogna rispettare certi passaggi. Il primo dovrebbe consistere nel consultare i club locali, che fanno capo alla Federazione italiana club centri Unesco, la cosiddetta Ficlu, fondata nel 1973, parte a sua volta della commissione italiana Unesco, organica al governo centrale”.
Ma palazzo Zanca non ha avvisato delle proprie intenzioni né il club peloritano, né quelli di Reggio Calabria e Palmi: “Ho appreso la notizia dai media e mi sono subito premurata di contattare il sindaco attraverso e-mail, telefonate, sin dal 29 agosto 2013, rivolgendomi alla sua segreteria. In un’occasione, l’ho incontrato durante un evento allo Jaci. Si è detto molto disponibile, al pari di Guido Signorino. Ma quando sono andata in municipio erano sempre tutti impegnati”.
Tra febbraio e marzo 2014, Marcello Mento, esperto di Renato Accorinti e responsabile del progetto Unesco, si è scusato, “impegnandosi a tenerci informati”. “Così – prosegue la presidente, consigliere nazionale per 9 anni e attualmente revisore dei conti della federazione – ho partecipato, su preciso invito, l’11 luglio scorso, alla cerimonia di gemellaggio tra Messina e Assisi”. Nell’occasione l’idea è stata presentata al sindaco della città umbra, Claudio Ricci, già nella commissione di valutazione del patrimonio umano e oggi membro del collegio dei probiviri della Ficlu. “Da allora siamo ripiombati nel più totale silenzio”.
Ai fini della candidatura si dovrebbe procedere pure a una consultazione popolare. Successivamente, si dovrebbe disporre un dossier sulle specificità del territorio, con le implicazioni storiche e culturali, da inviare alla commissione nazionale, presieduta dal palermitano Giovanni Puglisi, e successivamente a quella mondiale, che ha l’ultima parola.
Ottenere la tutela significherebbe andare incontro a ben precisi doveri: “La candidatura deve contenere le azioni di tutela, di salvaguardia, di protezione, di promozione, che si intendono condurre. Azioni che, una volta entrati nella lista del patrimonio umano, occorre concretamente attuare. Per esempio, vanno salvaguardati il mare, le alghe, il paesaggio; vanno attrezzate e abbellite le coste. Le due sponde dello Stretto sono capaci di realizzare tutto questo? La mia personale risposta è ‘no’. Mi riferisco alle petroliere che passano da qui, all’inquinamento generato dall’intenso traffico marittimo. Possiamo fermarlo? A me non sembra uno scenario realistico. Le sponde andrebbero tutelate anche dalla cementificazione selvaggia, dall’abusivismo edilizio. Nemmeno il Ponte sarebbe accettabile perché distruggerebbe l’ambiente”.
Secondo la presidente del club, ognuno dovrebbe diventare una sentinella: “Questa disciplina riguarderebbe pure il traghettamento, il passaggio dei mezzi pesanti. Al momento di presentare la candidatura, si deve essere in grado di quantificare i danni prodotti dalle varie attività, individuando le misure per limitarli, per consentire la rigenerazione dell’ambiente. Altrimenti, si andrebbe incontro alle osservazioni della commissione di controllo”.

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