I docenti scioperano contro gli alunni - QdS

I docenti scioperano contro gli alunni

Carlo Alberto Tregua

I docenti scioperano contro gli alunni

giovedì 14 Maggio 2015

Riforma contrastata perché taglia privilegi

La riforma sulla scuola, preparata con il ddl governativo, inserisce un elemento di qualità nel funzionamento della medesima: il merito. Anche per questo gli insegnanti sono insorti, perché continuano a pensare la scuola come era mezzo secolo fa.
L’insegnamento agli alunni da parte dei docenti non è una trasmissione di nozioni: italiano, storia, geografia, matematica, bensì un complesso di conoscenze per aumentare fortemente le competenze dei ragazzi che si debbono abituare a vivere in un ambiente mondiale ove vi è una forte competizione.
I giovani devono capire che hanno bisogno delle competenze della vita e cioè che si abituino a ragionare con la propria testa.
Debbono sapere che va rispettata l’etica del lavoro ed essere capaci di affrontare tutti i problemi pratici che incontrano anche sporcandosi le mani. Qualche giorno fa il Papa ha pronunciato una frase chiarissima: Lavorate duramente e le porte si spalancheranno, non si può guardare dal balcone, occorre scendere in strada.

Abituarsi a lavorare duramente fin da quando si frequenta la scuola. L’abitudine alla fatica comporta anche l’abitudine ad aiutare gli altri, quelli meno capaci. Stare insieme, crescere insieme, migliorare insieme.
Ecco perché lo sciopero dei docenti, di martedì 5 maggio, deve considerarsi contro gli alunni e non fatto per il loro bene, ma per l’interesse egoistico dei docenti stessi.
La mia nipotina di 16 anni frequenta il liceo classico. Ha insegnanti bravi e insegnanti asini. Lei va bene, ma ha già capito quali sono i primi e quali sono i secondi. I docenti che scioperando il giorno in cui si dovevano svolgere i test dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) non rendendoli possibili, di fatto hanno voluto evitare che venisse giudicato il livello dell’insegnamento in Italia. Rifiutarsi di far giudicare i propri allievi equivale a rifiutarsi di farsi giudicare, comportamento egoistico, perché è noto che gli esami non finiscono mai.
La questione dei precari è anacronistica: chi assicura ai genitori che gli insegnanti siano capaci, quando non hanno mai superato un concorso selettivo? Il fatto che un insegnante sia stato in cattedra 10 o 15 anni non ne dimostra la valenza.
 

Il Governo vuole immettere in ruolo 100 mila precari. Ve ne sono 10 o 20 mila che hanno tutti il diritto di andare in cattedra perché hanno superato i concorsi, ma tutti gli altri che hanno raccattato punti qua e là, senza un sistema organico di apprendimento ad insegnare e senza avere superato lo sbarrramento della selezione costituzionale prevista dall’art. 97, non hanno alcun diritto di diventare insegnanti.
Ecco perché scioperano. Perché hanno paura di affrontare i concorsi che, nel bene e nel male selezionano i migliori, anche se non possiamo nascondere che qualche raccomandazione sopravvive.
Abbiamo sentito fra le tante una vera bestialità: la scuola non è un’azienda. Solo gli ignoranti possono affermare una cosa del genere. La scuola è, invece, una vera e propria azienda di servizi che deve essere organizzata in modo efficiente per fare emergere il merito dei più bravi, sia nell’insegnamento che nell’amministrazione.
Ecco spiegata la funzione che il ddl vuole attribuire ai dirigenti, dando loro la responsabilità di premiare i migliori insegnanti e di porre in coda alla classifica infingardi o incapaci. 

Ovviamente, anche i dirigenti debbono essere valutati. Questa funzione è affidata agli ispettori che, vedi caso, in Italia sono appena 50, mentre in Francia sono qualche migliaio e in Germania quasi cinquemila.
Ci deve essere una catena di controllo della qualità che valuta non solo i risultati di ogni tipo, da mettere sui siti di ciascuna scuola di ogni ordine e grado, ma anche le qualità professionali di chi le dirige e, a sua volta, le qualità professionali ed umane di chi vi insegna.
Quanto precede dovrebbe essere il cuore della riforma, cioè inserire merito, merito, merito, nonché qualità, qualità e qualità.
Tutto il versante delle manutenzioni degli edifici è semplicemente anacronistico. Gli immobili e gli impianti in essi contenuti debbono essere tenuti a norma e in efficienza dagli uffici dello Stato e non più da Comuni e Province, perché la scuola è un bene di tutta la Comunità nazionale e non  affidata alle beghe degli enti locali. 
Nelle valutazioni sociali, vengono sempre prima i discepoli e poi i precari.

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