Renzi non ha letto Adam Smith e Keynes - QdS

Renzi non ha letto Adam Smith e Keynes

Carlo Alberto Tregua

Renzi non ha letto Adam Smith e Keynes

mercoledì 20 Maggio 2015

Investimenti e nuovi cantieri

Le entrate del bilancio per il 2015 sono 777 mld di euro, mentre le spese  826 mld, di cui 76 per interessi sul debito, nonostante il forte calo delle percentuali. A bocce ferme il disavanzo sarà di 49 mld.
Il perimetro della spesa ovviamente sarà sforato, anche per effetto della recente sentenza della Consulta, pur senza fare debordare il tassativo disavanzo del 3%, oltre il quale l’Ue riaprirebbe la procedura d’infrazione contro l’Italia:  un vero disastro.
L’attività di governo deve svolgersi nell’ambito dell’ammontare complessivo delle spese. Una politica economica efficace, che volesse smuovere la ruota dello sviluppo e nuova occupazione, dovrebbe fare ogni sforzo per: a) diminuire il cuneo fiscale sul lavoro; b) diminuire le imposte su imprese e privati per fare aumentare i consumi; c) trasferire le risorse così recuperate per accelerare gli investimenti, aprire i cantieri per la costruzione di infrastrutture, per la manutenzione del patrimonio scolastico, per evitare il dissesto idrogeologico del territorio.

Renzi è un giovane che studia e lavora molto. Si vuole rendere conto personalmente delle questioni diverse e importanti, in modo da prendere decisioni che rientrino in un filone coerente con il buon andamento della cosa pubblica.
Forse però gli è mancato il tempo di leggersi quanto ha scritto il filosofo (più noto come economista) Adam Smith (1723 – 1790) e la sua massima opera, La ricchezza delle Nazioni (1776). E, forse, non ha letto le opere di John Maynard Keynes (1883 – 1946).
Se così avesse fatto, si sarebbe accorto che, a parità di spesa pubblica, avrebbe dovuto modificare il rapporto tra spesa corrente e spesa per investimenti. Sono questi ultimi che accelerano l’economia e, per ovvia conseguenza, creano nuova occupazione.
Fino a quando il presidente del Consiglio non metterà mano al taglio della spesa corrente, attraverso l’ eliminazione delle inefficienze e degli sprechi, il Pil potrà crescere di pochi decimali. Se, invece, tale taglio fosse adeguato, il Pil potrebbe crescere di alcuni punti l’anno.
Questa manovra comporta le riforme, il che significa l’eliminazione dei privilegi di tutti coloro che vivono parassitariamente a carico della fiscalità pubblica.
 

È inutile girarci intorno. Fino a quando il Governo non imboccherà decisamente la strada delle riforme strutturali, prima fra le quali quella della pubblica amministrazione – oggi una zavorra insopportabile nel coacerbo di disfunzioni che pesano fortemente sull’economia – non si potrà imboccare decisamente la strada della crescita.
Il neo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha fatto due dichiarazioni importanti al riguardo: la prima, che vuole dare precedenza alla miriade di opere pubbliche di ristrutturazione e manutenzione accantonate in questi ultimi venti anni; la seconda, il taglio delle grandi opere previste dalla Legge obiettivo 443/01 nelle quali vi sono stati abusi e dispersioni senza limiti.
Ma Delrio non deve perdere di vista le opere infrastrutturali riguardanti viabilità su gomma e su ferro per il Mezzogiorno di cui vi è carenza. è noto che i territori, senza le infrastrutture, che assicurano la mobilità di cose e persone, non sono in condizione d’intraprendere con decisione la strada dello sviluppo.

Le otto regioni meridionali hanno un tasso infrastrutturale di un terzo rispetto a quelle del Nord: proprio in questo territorio va concentrata la maggior parte degli investimenti, per ridurre la forbice e riportare a galla il Sud, come a suo tempo fece la Germania con la parte orientale.
A proposito di Germania, ricordiamo che le riforme drastiche attuate dall’ex cancelliere Gerhard Schröder oltre dieci anni fa, hanno permesso oggi alla locomotiva tedesca di crescere e avere una disoccupazione dimezzata rispetto a quella italiana.
Servono, quindi, riforme urgenti che mettano al primo posto il merito e la responsabilità, comparando continuamente i risultati e gli obiettivi con un percorso stabilito da un tassativo cronoprogramma, affidato a dirigenti bravi e onesti, capaci di attuare le riforme governative.
Ha ragione Renzi quando dice che i gufi e la Sinistra conservatrice hanno fatto perdere i laburisti in Gran Bretagna e mantenuto il Pd al 25% per decenni. Ora occorre una forza politica veramente riformista che tenga conto dell’equità diffusa fra territori e cittadini.

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