Separare veramente politica e gestione - QdS

Separare veramente politica e gestione

Carlo Alberto Tregua

Separare veramente politica e gestione

venerdì 30 Ottobre 2009

Appalti e assunzioni raccomandati

Mastella è stato preso di mira dalle Procure di tutta la Campania. Vittima di quelle toghe rosse che lo odiano perché fa parte del Popolo della liberta. Lui, che ha appena fatto sei-settecento raccomandazioni come risulta dal brogliaccio (figuriamoci quante ne avrà fatte davvero). Lui, che ha raccomandato dei poveracci lamentandosi di non averne raccomandati di più.
Ma a chi la vuol dare a bere questa storiella? L’obbligo per la moglie, Sandra Leonardo – che ricopre l’incarico di presidente del Consiglio regionale – di risiedere fuori la Campania e non nelle province limitrofe è stato richiesto dalla Procura e confermato dal Gip, con un’ordinanza di oltre mille pagine. Non sappiamo se il sistema di corruzione che ha dato luogo ai capi d’accusa sfocerà in sentenze di condanna in primo grado, ma certo è che per l’ennesima volta si scopre l’acqua calda quando si apre il vaso di Pandora ed esce fuori il verminaio di appalti pilotati e di raccomandati che sono andati a riempire la Pubblica amministrazione e le società partecipate.

La questione di fondo è che il ceto politico deve fare le grandi scelte sulla base di progetti strategici di alto profilo e poi lasciare all’apparato amministrativo la realizzazione di tali progetti e la gestione ordinaria per la produzione dei servizi a livello statale, regionale e locale.
Invece, il cattivo ceto politico continua a introdursi in questa gestione per ottenerne vantaggi finanziari, quando pilota gli appalti, e di consenso, quando pilota le assunzioni. Questo è un modo incivile di gestire la Cosa pubblica, anche perché l’apparato amministrativo è succube dell’indebito ingerimento della politica, in quanto pochi dirigenti si sono professionalizzati all’Ena (École nationale d’administration), hanno partecipato con successo a master internazionali in organizzazione, parlano due lingue. Insomma, manager nel vero senso della parola.

 
Il nodo che allaccia politica e gestione amministrativa non si scioglie facilmente, perché dovrebbero essere i responsabili delle istituzioni a fare un passo indietro, togliendo le mani dalla marmellata. La maggior parte di essi, purtroppo, non ha sufficienti cultura e competenza per capire qual è il proprio limite, oltre il quale non dovrebbe andare. Non ha neanche la capacità di conquistarsi il consenso sulle cose realizzate piuttosto che sulle raccomandazioni o sugli appalti pilotati, spesse volte insieme alla criminalità organizzata.
Smettiamola di pensare che i pubblici ministeri, quando svolgono le indagini, vogliono sparare a Berlusconi e agli uomini del Popolo della libertà. Certo, ci sono alcuni Pm ideologizzati, ma sono una stretta minoranza. Gli altri fanno il loro mestiere con rigore e rappresentano l’accusa, quindi sono di parte. Ma le loro richieste sono convalidate da giudici terzi che tengono in conto le tesi delle difese.

Ricordo quando esplose Mani pulite, il sette febbraio del 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio. Abbiamo recentemente ripubblicato l’editoriale del 6 giugno 1992 dal titolo Il terrore delle manette paralizza la Sicilia. Allora anche Craxi, De Mita e altri reagirono con veemenza alle inchieste delle Procure, ma poi il primo fu sottoposto al lancio di monetine davanti il suo albergo, Hotel Rafael di Roma, e De Mita dovette rifugiarsi nella sua Avellino. Fioccarono condanne e anche assoluzioni, ma il sistema dei partiti di Governo crollò, mentre si salvò il Partito comunista per il rotto della cuffia.
A distanza di 17 anni, il bubbone comincia a riemergere perché la commistione fra politica e gestione amministrativa porta a questo risultato. I politici corrotti, i dirigenti amministrativi corrotti e i precari raccomandati, che hanno preso il posto di chi aveva il diritto di fare i concorsi, sono tre categorie che devono essere cancellate dalla scena civile del nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno, dove c’è bisogno di trasparenza, concorrenza e competitività senza di che le corporazioni continueranno a prevalere sui cittadini. Perché le prime hanno i media mentre i secondi non hanno voce.

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