Beni culturali e borghi, petrolio dell’economia - QdS

Beni culturali e borghi, petrolio dell’economia

Valerio Barghini

Beni culturali e borghi, petrolio dell’economia

mercoledì 27 Maggio 2015

Presentato alla Camera dei Deputati il terzo Rapporto annuale sui beni culturali, redatto da FareAmbiente. Nel 2014 in Sicilia i fruitori dei siti culturali sono stati il 5,67% in più rispetto al 2013

ROMA – La Sicilia nel 2014 ha registrato un incremento di visitatori (tra gratuiti e paganti) pari al 5,67 per cento e di incasso, sempre in termini percentuali, del 18,61. Stiamo parlando della fruizione dei beni culturali, la cui situazione generale italiana è stata presentata alla Camera dei Deputati nel terzo Rapporto Annuale redatto da FareAmbiente, movimento ecologista europeo apartitico e, nelle parole del suo presidente il professor Vincenzo Pepe, “non fondamentalista: perché oggi è più che mai necessario fare un ambientalismo ragionato”, in cui bene si colloca l’analisi dello stato di quello che il professor Pepe chiama correttamente il “petrolio italiano”, i beni culturali, appunto. E proprio per sottolineare la vena Pluripartisan del movimento, a confrontarsi sul tema sono stati i deputati Simone Valiante (Pd), Paolo Russo (Forza Italia) e Oreste Pastorelli (Gruppo Misto).
 
Oltre ad Antonino Caltagirone (Responsabile FareAmbiente Academy), al coordinatore e presentatore del Rapporto, l’avvocato Francesco Della Corte e al Generale della Guardia di Finanza Gennaro Vecchione, presenza più che mai fondamentale perché, purtroppo, beni culturali spesso fanno rima con contraffazione. E le Fiamme Gialle sono tra i corpi più impegnati, con riconoscimenti anche a livello europeo, sul fronte della tutela dei beni culturali e archeologici. Tutti relatori sono stati guidati dalla sapiente moderazione della professoressa Anna Zollo (Ufficio studi e ricerche di FareAmbiente).
Un Rapporto finalizzato, sono le parole dell’avvocato Della Corte, “a riappropriarci di qualcosa che ci appartiene, i beni culturali: un vero e proprio giacimento composto da tre milioni e 800 mila pezzi inventariati e molti altri che ancora non lo sono”. Un Rapporto che si suddivide in quattro parti: una normativa; una realizzata grazie a questionari somministrati a strutture e pubblico; una che sottolinea le criticità (evidenziate soprattutto nella necessità di una maggiore professionalizzazione degli operatori, magari attraverso criteri di premialità, anche perché, come ha detto Caltagirone “in tre anni abbiamo perso il 30 per cento di personale e di fatturato”); una di proposte operative: quella “principe” di FareAmbiente è superare una visione prettamente teorica della scuola e dell’università, coinvolgendo gli studenti per periodi di sei mesi e con il riconoscimento di crediti formativi, a lavorare nei musei. E magari, perché no, anche smetterla di piangerci addosso come Paese. Le risorse umane competenti le abbiamo: basti pensare che a dirigere il Louvre in Francia e il Malmoe Konsthall in Svezia sono due giovani italiane.
I beni culturali una miniera, dunque. Come i piccoli borghi da valorizzare. Un “campo” in cui la Sicilia ha spadroneggiato per due anni consecutivi grazie alla promozione a “Borgo dei Borghi” di due località: nel 2014 Gangi, nel Palermitano; nel 2015 Montalbano Elicona, in provincia di Messina, che ha battuto sul podio la medaglia d’argento di Monteverde (Benevento) e quella di bronzo di Castel Sardo (Sassari). Una piccola gara simbolica: perché, comunque sia, “sono i monumenti ad aver reso grande l’Italia”. Tutta intera.
 

 
Si cercano idee per valorizzare i paesi fantasma
 
Nel triennio 2011-2014 è stato registrato un calo del 30 per cento di personale e fatturato nel settore dei beni culturali. Tuttavia tra il 2013 e il 2014 il trend è stato positivo, con un più 7 per cento di maggiori introiti per i musei italiani, “complici” anche le domeniche gratuite. Molto altro ancora, però, si può fare. Una delle direttrici indicate dal terzo Rapporto sullo stato dei beni culturali in Italia di FareAmbiente è, oltre alla valorizzazione dei borghi, pure quella del cosiddetto ghost tourism, termine coniato dal giornalista svedese Jan-Olof Bengtsson che consiste nel visitare paesini fantasma nel tempo abbandonati dalla popolazione. In Italia i paesi fantasma sono circa un migliaio, che diventano seimila con stazzi (luoghi rurali in genere usati per le soste, ndr) e gli alpeggi. Negli Stati Uniti, dove già è in vigore una legislazione che punta alla riqualificazione di queste località (che FareAmbiente propone di ricalcare, con lo scopo di far diventare questi centri dei veri e propri musei a cielo aperto), i paesi abbandonati sono 15mila. In Sicilia i principali borghi abbandonati si trovano nelle Valle del Belice (dopo il terremoto del 1968) e i Villaggi Schisina, costruiti negli anni Cinquanta sui Monti Peloritani tra Francavilla e Novara di Sicilia.

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