Non si può guardare dal balcone, ma in strada - QdS

Non si può guardare dal balcone, ma in strada

Carlo Alberto Tregua

Non si può guardare dal balcone, ma in strada

mercoledì 27 Maggio 2015
I cittadini non hanno l’abitudine di conversare, cioé parlare fra loro di questioni generali che interessano la collettività. Dicono la loro opinione senza dare ad essa le gambe dell’azione. Dovrebbero essere sempre gli altri a fare le cose e, quando qualcuno cerca di realizzare dei progetti, criticano dicendo che c’è ben altro da fare.
Gli inconcludenti e i benaltristi costituiscono due categorie-zavorra della società. E poi vi sono i lamentosi: quelli che emettono “ahi” continuamente, ma non si sbracciano per cercare di modificare le cose che non vanno e migliorarle.
Per queste ed altre ragioni la società italiana non ha progredito in questo trentennio. Peggio quella siciliana, che ha percorso una strada in discesa in un regresso economico e sociale continuo.
Con la grave crisi che ha colpito il nostro Paese, ancora più dura nel Mezzogiorno, è ora di capire che è finita l’ora di inconcludenti, benaltristi e lamentosi.

Non si può guardare dal balcone, ma occorre scendere in strada. Questo ha affermato con voce dolce ma determinata Papa Francesco. Anche lui dalla sua alta posizione ha sentito il bisogno di stimolare i cittadini ad agire.
Immischiatevi, partecipate, controllate ha proferito il Papa in altra occasione. Il senso delle frasi è il medesimo. La sollecitazione è forte e solo i cittadini che non sono tali possono pensare di continuare a coltivare il proprio orticello senza occuparsi di ciò che accade nelle strade e nelle piazze.
Peggio ancora, la gente non si occupa di quello che accade nelle Istituzioni, nei cosiddetti Palazzi del potere che, invece, dovrebbero essere denominati Palazzi del dovere.  Il dovere di servire i propri cittadini, che dovrebbero sentire ogni giorno e per tutto l’anno, i responsabili delle Istituzioni ricordandosi che più alto è il loro incarico e più alta è la loro responsabilità.
Il disastro in cui è precipitata l’Italia, e ancor più la Sicilia, non consente ancora il perpetuarsi di questi comportamenti negativi, perché nell’assenza di partecipazione dei cittadini alla Cosa pubblica i cosiddetti responsabili delle Istituzioni fanno i propri affari.
 

Lavorate duramente e le porte si spalancheranno, ha ancora affermato il Papa.
Cosa rappresentano in senso civico tutti quelli che cercano uno stipendio e non un lavoro? Pessimi cittadini, zavorre della società, gente che non ha dignità e non sa che ognuno deve dare di più di quanto riceve.
Lavorare duramente non solo esercitando un qualunque mestiere o una professione, ma addestrandosi, formandosi, per migliorare continuamente le proprie performance.  Lavorare duramente significa non darsi soste, salvo quelle indispensabili per progredire, acquisendo saperi e conoscenze, senza delle quali ognuno di noi resta un incapace.
Tutta la classe burocratica non è immune dal virus della corruzione che alimenta chi non capisce, chi non sa, chi usa la bocca per emettere il fiato e la testa per consumare shampoo o per dividere le orecchie. Non è giusto che chi sia dotato di materia grigia la sprechi in comportamenti banali.

Fare il bene comune senza farsi corrompere, questo è un ulteriore monito di Bergoglio.
È proprio il dito puntato contro la corruzione, che deve fare svegliare le nostre coscienze, perché essa è un vero e proprio cancro le cui metastasi si diffondono nel tessuto socio-economico sano e ne cambiano il funzionamento.
La convenienza di essere onesti, ci diceva Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, nel forum pubblicato il 21 aprile. Tale convenienza c’è se le regole che informano la Comunità sono chiare e semplici e se i responsabili delle Istituzioni le fanno osservare applicando le sanzioni a chi devìa da esse.
Quanto scriviamo è elementare, soleva dire Sherlock Holmes al suo partner, il dottor Watson. Ma quanta fatica si fa ad osservare e a far osservare le regole? Quanta fatica si fa ad avere un sistema generale ordinato in cui ognuno faccia il proprio dovere, che viene prima di richiedere con voce tonante il proprio diritto?
È grave responsabilità della Classe dirigente che si è sottratta al suo primario dovere: quello di aiutare e controllare le Istituzioni.

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