Comuni, i pagamenti ai fornitori spesso in ritardo e non trasparenti - QdS

Comuni, i pagamenti ai fornitori spesso in ritardo e non trasparenti

Rossella Fallico

Comuni, i pagamenti ai fornitori spesso in ritardo e non trasparenti

giovedì 11 Giugno 2015

Studio di Confindustria Sicilia: il 59% non rispetta le norme del decreto legislativo 33/2013. Saldo delle fatture in 30 giorni, un miraggio: è applicato da 59 enti locali su 390

CATANIA – Nel marzo 2013 è entrata in vigore la norma (d.lgs n.33/2013 – art.339) che obbliga i Comuni a pubblicare la media di giorni di ritardo dei loro pagamenti di servizi e forniture  utilizzando un indicatore di tempestività dei pagamenti (Itp). Sono dati allarmanti quelli emersi dall’analisi elaborata, considerando il periodo concluso il 31 dicembre 2014, dal Centro studi di Confindustria Sicilia, che in virtù di tale decreto legislativo obbliga i comuni a darne conto nei rispettivi siti.
Risultato? Secondo Confindustria il 59% del Comuni siciliani, ovvero 232 su 390, non rispettano le norme sulla trasparenza non rendendo noto l’Indicatore di tempestività dei pagamenti, ovvero quell’indice ufficiale che gli enti locali sono obbligati a pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente”. Tra i Comuni siciliani più virtuosi, che pubblicano tali dati, tuttavia non mancano i ritardi nei pagamenti alle imprese: i giorni di ritardo per legge dovrebbe essere pari a 30 giorni, ma molti Comuni saldano il pagamento con un ritardo che, mediamente, oscilla dai 91 ai 360 giorni. Il rischio è così quello di far scattare tagli alla spesa per beni e servizi e il blocco delle assunzioni.
Andando nel dettaglio dello studio si nota che il decreto legislativo non viene di fatto rispettato, poiché sei Comuni siciliani su dieci (il 59%) non pubblica tali dati nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito istituzionale, malgrado la norma preveda l’applicazione di sanzioni in caso di adempimento degli obblighi di pubblicazione. Tuttavia, non sono positive le notizie per gli altri Comuni: del restante 41% appena il 37% (59 in numero) rispetta la legge, effettuando i pagamenti entro i 30 giorni; il 39% conclude i pagamenti con un ritardo che va dai 31 ai 90 giorni; il 22% paga con un ritardo che, mediamente, va dai 91 ai 360 giorni ed, infine, il 2% supera addirittura i 360, saldando quindi i pagamenti con un ritardo che va oltre un anno.
I Comuni più piccoli sembrano essere quelli che hanno maggiori carenze: come denota lo studio condotto da Confindustria Sicilia, i Comuni con abitanti compresi tra i 1.500 e i 3.000 abitanti e quelli tra 222 e 1.500 abitanti presentano una carenza del, rispettivamente, 73,3 % e 69,2%. Tra le possibili cause che determinano questi ritardi nei pagamenti, si legge nello studio, rientra la bassa capacità di riscossione dei Comuni dell’Isola e il fatto che nel 2013 in Sicilia il 55% delle entrare correnti degli enti locali deriva da entrate tributarie, il resto da entrate di trasferimenti e da altre entrate. Tutto ciò ha delle ripercussioni inevitabili sui fornitori di beni e servizi privati.
“Un fatto è certo – prosegue una nota di Confindustria Sicilia –: è ancora alta la percentuale di crediti non riscossi da parte delle imprese che, nelle more, continuano a erogare servizi alle amministrazioni inadempienti. E la situazione è favorita dalla mancanza di trasparenza. È bene ricordare, però, che non dichiarare i propri debiti, nonostante gli ingenti aiuti economici messi a disposizione dallo Stato, significa far morire le imprese portandole al fallimento: per poter cedere i propri crediti, infatti, è necessario che l’impresa si faccia certificare il credito dalla pubblica amministrazione debitrice, e poi se lo faccia anticipare dalle banche, le quali a loro volta potranno riscuoterlo dall’ente o comunque avvalersi della garanzia statale. È auspicabile, pertanto, che segretari e revisori dei Comuni aiutino il sistema a far applicare la legge e quindi a far pubblicare l’Itp, assicurare che i servizi dei comuni rilascino le certificazioni e, nei casi di inadempienza, che adottino le ormai inevitabili azioni in capo a quanti vengono meno agli obblighi di legge che caratterizzano la trasparenza nel rapporto tra Comuni e imprese”.

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