Processo e prodotto fanno la buona pizza - QdS

Processo e prodotto fanno la buona pizza

Carlo Alberto Tregua

Processo e prodotto fanno la buona pizza

venerdì 26 Giugno 2015
Un mio vecchio maestro mi ha insegnato una regola che denominava Codice 31. Recitava: chi fa trenta e non trentuno perde tutto per quell’uno.
La metafora è lampante. è indispensabile che ciascuno di noi adotti, in qualunque cosa faccia, procedure rigorose ed efficienti per raggiungere l’obiettivo che si è proposto nel tempo più breve e con la migliore qualità. In altre parole, si tratta di agire per ottimizzare il rapporto costi/benefici.
Si badi, la regola citata non si applica solo negli affari o nelle attività economiche, ma in qualunque azione si compia, anche di tipo solidale. Anzi, proprio nelle attività del Terzo settore, essendoci pochi mezzi a disposizione, è ancora più importante che essi vengano massimizzati per far godere i servizi al massimo numero di bisognosi.
L’efficienza di una organizzazione è indispensabile anche nelle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti, dove si usava dire di mamme storiche che moltiplicavano ogni soldo per quattro: un’attività miracolosa.

Quando mangiamo una buona pizza – inventata da Raffaele Esposito in occasione della visita della Regina d’Italia Margherita di Savoia nel suo locale di via Chiaia, nel 1889 – non ci sovviene che quel risultato sia frutto dell’utilizzo di ottime materie prime e dell’uso di un procedimento adeguato. Il tipo di farina, il lievito madre, gli ingredienti ed i condimenti, l’olio, la giusta temperatura del forno, la regolare cottura e quant’altro, tutto questo contribuisce alla qualità finale del prodotto.
Vi è quindi un preciso rapporto fra metodo, contenuto e risultato finale. La regola vale per ogni attività che noi facciamo nella quale, però, spesso omettiamo il punto finale: il Codice 31 cui si faceva riferimento all’inizio.
Di che si tratta? Si tratta del controllo, indispensabile per verificare se un processo è stato messo in atto in modo regolare, in tutte le sue parti e se il prodotto è, per conseguenza, idoneo allo standard previsto.
Spesso sentiamo utilizzare da persone il verbo pensare al posto di supporre. Totò, il compianto comico che ha fatto ridere intere generazioni, usava la famosa battuta: Nella vita esistono due cose, le cose certe e le cose supposte. Le cose certe per il momento mettiamole da parte, ma le supposte, dove le mettiamo ?
 

Ecco, bisogna evitare le supposizioni nelle attività dei nostri giorni. Fantasticare si può, ma poi, quando si deve realizzare qualcosa, bisogna essere concreti, efficienti e rapidi. Ovviamente, per comportarsi in questo modo occorre un bagaglio di conoscenze, cultura e saperi, senza dei quali si può andare ad occhio, con le conseguenze che quando la vista non è buona si prendono cantonate.
Verificare, verificare e ancora verificare il processo ed il prodotto, senza essere pignoli, perchè così si perde tempo, ma rigorosi. Non lasciare nulla al caso, anche se dobbiamo avere la consapevolezza che tante cose accadono nonostante quello che pensiamo noi e nonostante la nostra capacità di previsione. Tuttavia non bisogna scordarsi la Regola delle tre P: prevedere, prevenire, provvedere.
Marginarsi nelle cose che si fanno è buona regola, cercare di capire come è meglio comportarsi in tutte le vicessitudini è un’altra buona regola. Ecco, bisogna conoscere e seguire le regole. Sempre.

La metafora della buona pizza ci deve indurre a riflettere sui comportamenti di coloro che hanno l’onere di guidare una Comunità e le sue Istituzioni. Quanti dei vertici nazionali e locali seguono le regole? Quanti osservano i corretti procedimenti per ottenere adeguati risultati?
Se la Comunità soffre, se l’economia va a picco, se il lavoro manca, se vi sono iniquità nelle classi sociali, perchè poche di esse raggruppano più ricchezza di tante di esse, se vi sono dieci milioni di poveri, se tutto ciò accade, vi sono precise responsabilità di chi esercita il potere anziché osservare il dovere.
Quanto precede è responsabilità di chi si autovota leggi che aumentano i privilegi, anziché leggi che diffondano equità, di chi si dimentica con egoismo e menefreghismo che è indispensabile la diffusione del benessere in modo equo dal primo all’ultimo dei cittadini.
La Classe dirigente, proprio per la sua funzione di traino, ha maggiori responsabilità che, però, osserva poco. Mentre dovrebbe immischiarsi, controllare e partecipare l’attività delle Istituzioni (Papa Francesco) e, come prosegue il Papa scendere dal balcone e andare in strada.

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