Grecia, la favola "La cicala e la formica" - QdS

Grecia, la favola “La cicala e la formica”

Carlo Alberto Tregua

Grecia, la favola “La cicala e la formica”

martedì 07 Luglio 2015

Tagliare la spesa corrente (cattiva)

Ricordate la favola di Esopo (620 a.c./564 a.c) “La cicala e la formica”? Mentre le formiche lavoravano duramente per conservare le provviste utili all’inverno, la cicala stava al sole e al caldo, dicendo che col caldo è impossibile lavorare. In inverno la cicala infreddolita e morta di fame bussa alla porta della formica, la quale le chiede cosa avesse fatto durante l’estate. La cicala risponde “cantavo”. E la formica le replica “Adesso balla”.
Per vent’anni il popolo greco ha speso più di quanto produceva. Ora è arrivato l’inverno e chiede di essere mantenuto.
Vi è una famiglia di quattro persone, il capo famiglia ha uno stipendio di 1.500 euro al mese, ma la famiglia ne spende 1.600. La differenza se la fa prestare dalla banca. Dopo dieci anni ha accumulato un debito di dodici mila euro e la banca gli chiede di restituirlo. Come fare? Da quel momento deve spendere 1.400 euro contro i 1.500 che incassa. Così potrà restituire cento euro al mese alla banca e dopo dieci anni avrà saldato il debito.
Il capo famiglia riunisce il nucleo e mette ai voti la proposta della banca. Tre dicono di No e uno di Sì. Cosa ha risolto il No?

Un’azienda incassa un milione l’anno e spende un milione e cento l’anno. La differenza di centomila euro se la fa prestare dalla banca. Dopo dieci anni ha accumulato un debito di dodici milioni. A questo punto la banca chiede la restituzione anche a centomila euro al mese. Da quel momento l’azienda deve spendere novecento mila euro, e continuando a incassare un milione l’anno potrà rimborsare la banca nei successivi dieci anni.
A questo punto gli amministratori riuniscono l’assemblea per valutare l’ipotesi. Il 61 per cento dell’assemblea vota No. Cosa ha risolto il No?
I due esempi calzano come un guanto sulla questione greca. Quel popolo ha consumato in vent’anni più di quanto produceva. Per i prossimi vent’anni dovrà consumare meno di quanto produce per pagare il debito. Oppure fallisce.
Qualcuno dice che potrebbe ricominciare a stampare la propria moneta, cioè la dracma. Quanto durerebbe questo meccanismo? Un mese, due, tre? Non appena dovesse approvvigionarsi di materie prime, di carburante, di alimenti, di pezzi di ricambio all’estero, nessuno vorrebbe la dracma.
 

Da qualunque parte si giri, si capisce che la strada è una sola.La Grecia ha fatto debiti per oltre trecento miliardi e ora li deve restituire, anche parzialmente. Non dimentichiamo che appena qualche anno fa la Troika ha concesso una riduzione del debito greco falcidiando anche del 50 per cento i risparmiatori che in buona fede avevano comprato i buoni ellenici.
Oggi quasi tutti i bond ellenici, che rappresentano i trecento miliardi, sono detenuti dalle banche e quindi un taglio conseguente comporterebbe una perdita per le stesse. L’Italia è esposta per 37 miliardi. Se il credito viene tagliato a metà, ne perde oltre diciotto, più che una manovra.
La vittoria del No non cambia di una virgola la situazione. Le dimissioni del ministro delle Finanze, Varoufakis, vanno nella direzione dell’accordo con la Troika che prevede le riforme indispensabili a tagliare la spesa pubblica.
Ed è proprio questo il nodo. Renzi ha sottolineato come dopo la nostra riforma Fornero, con i pensionati a 67 anni, non è accettabile che i greci vadano in pensione a 52, come non è accettabile che le amministrazioni pubbliche abbiano decine di migliaia di dipendenti inutili alla produzione dei servizi.

La cancrena della spesa pubblica è la parte corrente, cioè quella cattiva, mentre uno Stato bene amministrato dovrebbe destinarne almeno la metà ad investimenti, cioè la parte buona.
Qualche ignorante sostiene che il taglio della spesa corrente fa diminuire i consumi. Falso. Se la parte tagliata viene girata ad investimenti, il valore aumenta di molte volte, con tre benefiche conseguenze: aumento dell’occupazione, aumento della ricchezza, aumento delle imposte sulla medesima.
La forza e la capacità dei governanti dovrebbe essere quella di far aumentare la spesa per investimenti sottraendola alla spesa corrente. Tutto qua. L’illusione che il No all’ultima ipotesi di accordo con la Troika possa fare mantenere i vizi che hanno rovinato la Grecia è destituita di fondamento.
Il popolo greco deve rinsavire e rimettersi sulla retta via del buon senso e del realismo.

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